NEW- Sul DDL di riforma urbanistica della regione Sicilia 25-09-2005 Fausto Carmelo Nigrelli*
Il ddl “Norme per il governo del territorio” che andrà nella prossima settimana in discussione alla competente commissione dell’Assemblea Regionale Siciliana a me sembra un buon testo, con diversi spunti interessanti, ma con alcune incongruenze e qualche “vuoto” facilmente risolvibili con appositi emendamenti nell’ambito del dibattito parlamentare.
Il dibattito che si è acceso e le accuse rivolte alla legge e ai consulenti che l’hanno ispirata, invero, a me paiono basarsi non sul merito delle norme previste, ma su una visione pregiudizialmente “d’opposizione” al punto di condurre a conclusioni che non hanno riscontro nella legge stessa.
Dirò subito quali sono alcuni degli aspetti che mi sembrano più interessanti e positivi del ddl, per poi citare alcune incongruenza e “buchi”.
La legge mira a semplificare le procedure urbanistiche che, in Sicilia più che altrove, con la loro farraginosità hanno contribuito alla sfiducia e al disinteresse dei cittadini verso la pianificazione e, in una certa misura, alla diffusione dell’abusivismo e spinge in maniera decisa il pedale del coordinamento tra i vari assessorati che, a vario titolo, si occupano di territorio. La logica che sta alla base del provvedimento pone lo strumento urbanistico al centro di ogni attività che riguarda il territorio e supera la contrapposizione tra aree trasformabili e aree vincolate non cassando queste ultime come paventa qualche associazione ambientalista e qualche collega, ma integrando, da un lato, la tutela nella pianificazione regionale e provinciale e, dall’altro, “appesantendo” i vincoli di inedificabilità in mancanza dei piani.
Un altro punto che a me pare fortemente innovativo è l’applicazione alla pianificazione del territorio del principio di sussidiarietà, per cui quando un ente territorialmente superiore viene meno ai suoi compiti in materia, l’ente inferiore si sostituisce – per il territorio di sua competenza – ad esso; per cui, per fare un esempio, il comune di una provincia priva di Piano provinciale deve elaborare, insieme al Piano Urbanistico Comunale un Documento di Piano Strutturale (DPS) le cui previsioni, dopo una conferenza di pianificazione con la provincia stessa e i comuni contermini, devono essere recepite dal Piano provinciale al momento della sua redazione.
Non mi scandalizza, anzi trovo positivo e coerente, il fatto che il ddl demanda ad atti amministrativi (regolamenti) la definizione di alcuni parametri e “valori” come gli standard urbanistici (le quantità di aree da destinare a usi pubblici) rendendoli facilmente adeguabili alla mutabili esigenze della società in perenne evoluzione (oggi, per esempio, lo standard di 2,5 mq per abitante da destinare a parcheggio è risibile se si pensa che per raggiungere la superficie di un posto macchina occorre lo standard di cinque abitanti!).
Vengo adesso ad alcuni degli aspetti che mi sembrano confusi o lacunosi tralasciandone due importanti, quello riguardante il Piano regionale ei suoi legami con il DPEFR che sono congegnati male e danno non poche preoccupazioni e quello della poca chiarezza con la quale sono definiti i documenti di direttive generali, per soffermarmi su quelli che riguardano la relazione della pianificazione territoriale con quella del paesaggio e le tutele ambientali, che sono stati posti al centro delle polemiche in questi giorni. Il ddl non afferma chiaramente che la tutela del paesaggio, coerentemente con i principi costituzionali, è valore sovraordinato alla pianificazione del territorio e contiene norme contraddittorie a riguardo. Se si afferma che il Piano provinciale “recepisce le prescrizioni dei piani d’ambito del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale” (art. 28), d’altra parte si scrive che ai criteri relativi alla salvaguardia delle risorse paesaggistiche contenuti nel Piano regionale deve “uniformarsi il Piano Territoriale Paesistico Regionale costituente parte tematica del PTR”. Questo passaggio a me pare non solo incoerente rispetto alla corretta impostazione della legge a riguardo, ma che confligga con il principio costituzionale della tutela del paesaggio perché la renderebbe subordinata a scelte d’uso del territorio. Allo stesso modo il parere obbligatorio dell’ente di tutela, la Soprintendenza BBCCAA viene inserito all’interno della Conferenza di Pianificazione dove potrebbe essere superato o addirittura non essere espresso, senza con ciò inficiare l’iter. Come è stato giustamente osservato, la soluzione migliore a riguardo potrebbe essere l’inserimento del parere dell’amministrazione dei Beni culturali all’interno della procedura di Valutazione ambientale dei piani (art. 60) che, a mio avviso, va fatta sui documenti politici che avviano l’iter, le direttive, in modo che le sue valutazioni possano fare da guida al progetto di piano. Per quanto riguarda le aree protette (parchi e riserve) si dice che i piani già approvati o adottati devono essere recepiti dal Piano provinciale, ma non si specifica che, negli altri casi, la competenza rimane all’ente parco o riserva (sembra piuttosto che essa transiti alla provincia, svuotando di ruolo gli enti di gestione delle aree protette).
Come si vede, le lacune evidenziate ed altre di cui la proposta è affetta, non rendono necessario mettere in discussione l’intero disegno di legge, ma possono essere colmate con opportuni emendamenti al fine di dotare la Sicilia di una legge urbanistica, moderna ed efficace.
Docente di Tecnica e Pianificazione urbanistica Università di Catania
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