“PAESAGGIO E OPERE D’ARTE BENI COMUNI COME L’ACQUA” DARIO PAPPALARDO VENERDÌ, 13 LUGLIO 2012 LA REPUBBLICA - R2-CULTURA
Parla Francesco De Sanctis, appena nominato presidente del Consiglio superiore del Mibac
«Lo sosteneva già Marx: la natura così come era uscita dalla mano del creatore non esiste più. Dobbiamo ritrovare lo spirito del luogo, imparare a rileggere e a valorizzare il paesaggio». Francesco De Sanctis, appena designato dal ministro Ornaghi presidente del Consiglio superiore per i Beni culturali, ama citare l’autore del Capitale: «L’ho sempre fatto leggere ai miei studenti: l’analisi della forma sociale moderna non può prescindere da lui».
Napoletano, classe 1944, filosofo del diritto, rettore per diciotto anni dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, De Sanctis, che vanta una omonimia ma nessuna parentela con il primo grande storico della letteratura italiana, sta per insediarsi al vertice del maggiore organo consultivo del Mibac. Occuperà lo stesso posto che ha visto dimettersi prima Salvatore Settis e poi Andrea Carandini.
«Mi interessa essere al servizio di questa causa in maniera gratuita e libera; mi porrò in linea di continuità con i miei predecessori – spiega – condivido molte idee con Settis. La mia formazione viene dalla filosofia del diritto, forse per questo sarò meno insofferente verso le ristrettezze del momento. Ma è inutile dire che questo è un ministero sacrificato».
Sacrificato dai tagli e da decisioni mancate, alle prese con un patrimonio artistico alla deriva – dai disastri di Pompei ai furti nella Biblioteca dei Girolamini – e con i musei pubblici vittime di budget annullati e commissariamenti: «Penso alla crisi del Madre di Napoli, che è stato un punto di riferimento per la città e che ora deve rinascere – dice De Sanctis –. Ecco, per un’impresa del genere mi impegnerei.
I miei venti anni al Suor Orsola, che è diventato esso stesso un museo e un punto di riferimento per la conservazione dei beni culturali possono essere utili per questo. Se già riuscissi a creare un rapporto di migliore collaborazione tra il ministero dell’Università e quello dei Beni culturali, sarebbe un buon risultato. Il bene culturale deve essere un luogo dove si incrociano la formazione e la conservazione ».
Un bene pubblico, si spera. «Sì, come l’acqua – ribatte il professore –. In questo senso, bisogna responsabilizzare i cittadini di fronte a questa ricchezza che non si può intendere in senso capitalistico. I profitti dei beni culturali si calcolano dopo secoli ».
Sui prestiti dei capolavori all’estero, spesso sotto accusa – in questi giorni molti maestri del Rinascimento, Michelangelo compreso sono a Pechino – il neopresidente del Consiglio superiore per i Beni culturali non ha un’opinione negativa: «Purché la salvaguardia delle opere sia garantita, ben vengano operazioni di questo tipo. Possono essere tramiti di comunicazione con culture diverse e occasioni per chiedere ai Paesi riceventi contributi per il restauro e la conservazione ».
De Sanctis vuole essere cauto: «Dopo Settis e Carandini bisogna entrare in questo ruolo con umiltà, senza avere in mente di poter cambiare il mondo. Nel settore viviamo una crisi trentennale. Oggi non si assume più, non c’è più rinnovo. I laureati che hanno studiato nell’ambito dei beni culturali sono dappertutto tranne che qui. Ma la battaglia non è persa». |