Il console francese demolisce Venezia: «E’ allo sbando» Michele Fullin Il Gazzettino - Venezia 4/5/2012
Salvy boccia tutto: dalla Biennale al Carnevale. E Italia Nostra accusa: «E’ una città in svendita» Orsoni: «Scendano dai sogni e facciano proposte»
VENEZIA. «Cosa vogliamo fare di questa città? Continuare a subire la mercificazione in nome del turismo e trasformarla in un grande negozio a cielo aperto?». E’ andata giù dura la presidente nazionale di Italia Nostra, Alessandra Mottola Molfino, intervenuta ad un meeting italo-francese sulla gestione pubblico-privata del patrimonio culturale organizzata dall'Istituto veneto di Scienze, Lettere e Arti in collaborazione con l'Institut national du Patrimoine. Di recente la Mottola Molfino era intervenuta pesantemente sia sulla vicenda di Ca' Corner della Regina (venduta dal Comune a Prada per 40 milioni) e sul progetto di Benetton per il Fontego dei tedeschi. In quell'occasione, perfino un uomo misurato come il sindaco Giorgio Orsoni si era lamentato delle "pseudo-contesse" (riferendosi a lei) dicendo basta a quella che chiama la politica del no. Ieri, però, manco a farlo apposta, il console francese a Venezia, Gerard-Julien Salvy, ha sparato bordate da far impallidire persino Italia Nostra. «Ho buttato un po' di benzina - ha detto scherzando al termine del suo intervento da "residente a Venezia per vent'anni, non da diplomatico" - ora bisogna che qualcuno butti un cerino». In realtà, la sua è stata una carrellata impietosa di tutti i mali che affliggono Venezia. «Provo esasperazione - ha detto - per questo vizio di lanciare i progetti e poi abbandonarli dopo poco. L'esempio primo è il ponte di Rialto, per il quale si sta cercando da anni uno sponsor per restaurarlo. Ma chi volete che sia disposto a mettere i suoi soldi per recuperare un Suk? Ma perché non si possono obbligare i negozianti a dipingere di verde il fondo dei negozi per eliminare tutti quegli orribili graffiti. Quanto costa? 500 euro? Non si può abbandonare così una città. Piazza San Marco è un cantiere permanente dove peraltro si lavora poco. Insomma, vedo la mancanza di un progetto per lo sviluppo globale della città e non l'avevo visto neanche in campagna elettorale». Salvy si è mostrato critico anche sul problema della mancanza di fondi. «Spesso non ci sono - ha detto - perché non ci sono i progetti. Non ci si può presentare di fronte ad aspiranti finanziatori privati dicendo 'non abbiamo i soldi per farlo"». Anche sui "mecenati" veneziani, Pinault, Benetton e Prada, il console non lesina una battuta. «Pinault? Non mi esprimo sui francesi, dico solo che rispetti gli impegni presi con la città. Quanto a Prada, sono contro una soluzione che destini all'uso pubblico solo il pianterreno. Certo, meglio che fare un albergo, ma non si ragiona così. Sul Fontego l'idea di fondo non mi dispiace, ma non si doveva scegliere uno come Koolhaas per il restauro». Tra gli operatori culturali veneziani "istrioni del nulla", la Fondazione Vedova "che ha distrutto l'atelier di un artista" e la "demagogia populista dello scorso Padiglione Italia della Biennale", ne ha anche per il "turismo barbaro", il Carnevale stile Oktoberfest e Vtp. «È un mito - precisa - dire che le navi portano ricchezza mentre la Soprintendenza si compiace (dice citando una nota intervista a una tv austriaca) del loro impatto sulla città. Forse, però, c'è anche qualcosa da salvare. «Salvo la Guggenheim - conclude - che si è integrata benissimo con la città, e anche l'Archivio Luigi Nono».
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