Anna Maria Petrioli Tofani va in pensione. L'addio di Lady Uffizi: “Mi aspetta l'America” Letizia Cini NAZIONE - Carlino GIORNO, 24 gennaio 2005
FIRENZE — Ha diretto gli Uffizi dal 1987 a oggi e nonostante la sopraggiunta età pensionabile, si è sempre dichiarata disponibilissima a occuparsi della sua Galleria. Eppure, dal febbraio prossimo venturo, qualcun altro prenderà il suo posto: inutile chiedere nomi, per ora il soprintendente speciale per il Polo museale fiorentino, Antonio Paolucci, non parla. Dal canto suo, ci ha sperato fino all'ultimo la professoressa Petrioli Tofani, donna tutta d'un pezzo, con idee non sempre in linea con le scelte dei superiori. «Sì, speravo di poter continuare a svolgere l'attività per la quale ho investito tempo, risorse ed energie», conferma la storica dell'arte. Con quale risultato, professoressa Petrioli Tofani? «Purtroppo nessuno, nonostante sia previsto per legge». In che senso, scusi? «Il ministero non ha accettato il prolungamento di permanenza richiesto e così, alla fine di gennaio, mi vedrò costretta, mio malgrado, ad andarmene in pensione per raggiunti limiti di età». Rimpianti? «Mi dispiace lasciare un lavoro al quale ho dedicato tanta parte della mia vita. Ma sono soprattutto dispiaciuta di non poter vedere la conclusione del progetto dei Nuovi Uffizi, al quale ho lavorato dall'inizio del mio direttorato». Con lei sono state messe in atto le stesse procedure usate per l'ex soprintendente archeologico di Roma, Adriano La Regina, e per il direttore della Biblioteca Estense di Modena, Ernesto Milano: cosa pensa delle reazioni del collega romano? «Sono sostanzialmente d'accordo con lui». Sotto quale punto di vista? «La Regina ha ragione quando dice che sono aumentati i passaggi tra il momento decisionale e quello attuativo della normativa: ma, soprattutto, non si è provveduto a imprimere una svolta reale per dare autonomia a grandi istituzioni come lo sono alcuni importanti musei nazionali». Quali motivazioni hanno addotto nel rifiutarle il prolungamento dell'incarico? «Il motivo è che non ci sono i soldi per continuare a pagarmi lo stipendio. Rilevo però, che dovranno comunque pagarmi la pensione». Dopo tanti anni in Galleria, a lottare con i cronici problemi di organico e i soldi che non bastano, cosa farà Anna Maria Petrioli Tofani? «Continuerò a seguire, ovviamente a livello scientifico, l'attività del Gabinetto disegni e stampe, di cui sono stata direttrice dal 1981 al 1987 e, soprattutto, mi dedicherò al nuovo incarico di Kress professor alla National Gallery di Washington, dove sono stata chiamata a fornire consulenze basate sulla mia esperienza museografica». E si toglierà ancora tantissime soddisfazioni grazie all'apprezzamento di cui gode all'estero. Ma come spiega il suo attaccamento viscerale agli Uffizi? «Forse perché quella notte del 26 maggio 1993, quando la città fu sconvolta dall'attentato che costò la vita a cinque persone, io c'ero». Lei era lì, a fare il bilancio delle ferite inferte dalla bomba dei Georgofili al patrimonio della Galleria... «Ferite che oggi si sono rimarginate, lasciando come cicatrici indelebili dipinti irrimediabilmente perduti, o recuperate grazie all'impegno dell'associazione Amici degli Uffizi: un esempio, L'adorazione dei pastori dipinta dal fiammingo Van Honthorst. L'opera è stata in parte restituita ed è tornata nella Sala 38 della Galleria simbolo di una rinascita, testimonianza tangibile che è possibile volgere in positività la negatività di un gesto sconvolgente come quello perpetrato ai danni di Firenze». Dopo quel terribile attentato resterà impresso nella memoria di molti il velocissimo recupero della Galleria, grazie al suo schierarsi in prima linea. Lei si è mai sentita turbata dalle critiche mosse per il suo atteggiamento, ritenuto ostinato, o per le carenze degli Uffizi? «Già, le critiche. Eppure, ogni anno, la Galleria accoglie circa 1 milione e 500mila visitatori, con picchi di 6mila presenze giornaliere. Un dato di evidente rilievo economico, un aspetto da non valutare solo in termini di biglietti staccati o articoli venduti dal book-shop, ma tenendo conto di tutto l'indotto che questo produce». Eppure la Finanziaria ha stabilito una riduzione del 25% per le spese di funzionamento di musei, tanto che il ministro Urbani tempo fa paventò una chiusura parziale o totale degli Uffizi. «I beni culturali in Italia sono un argomento centrale; se è giusto ridurre la spesa, serve tagliare dove ce n'è bisogno. Tagliare poco in un settore delicato come i beni culturali, significa il collasso». Soluzioni? «Gli Uffizi potrebbero anche farcela da soli, qualora avessero una reale autonomia gestionale, visto che incassano i soldi provenienti dalla vendita dei biglietti. Esistono però musei e soprintendenze che non hanno il reddito da biglietti che abbiamo noi e che sarebbero sicuramente costretti a tagliare la luce o a chiudere». E la chiusura degli Uffizi ipotizzata dal ministro? «Si trattava solo di una provocazione, ma mi trovo d'accordo con Urbani quando rivendica più attenzione per il settore da parte del Governo: la riduzione dei fondi rappresenta una mazzata per l'intero settore della tutela e della conservazione dei beni culturali, che già non vive una condizione brillante sotto il profilo finanziario. Vorrei inoltre ricordare che le nostre strutture museali non hanno solo una valenza locale, per le città in cui si trovano, ma sono un fiore all'occhiello per l'immagine del nostro Paese nel mondo, e una risorsa fondamentale per l'economia legata al turismo. E, di questo, il Governo deve tenere conto». Altrimenti? «La riduzione dei fondi porterebbe come conseguenza avere meno personale di custodia, cioè personale di ruolo responsabilizzato e con professionalità adeguata, indispensabile per tenere aperto un museo». L'augurio di Anna Maria Petrioli Tofani al suo successore? «Traghettare gli Uffizi all'autonomia: la situazione attuale è a dir poco... penalizzante».
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