Dimore d’Italia/ Chigi Saracini, torna il palazzo-scrigno Fabio Isman Il Messaggero, Domenica 23 Gennaio 2005
A Siena riapre la residenza dei nobili toscani che ospita una preziosa raccolta di opere Tra i suoi cimeli il pianoforte di Liszt e il clavicembalo più antico del mondo
Siena UN GIOIELLO della Toscana e dell’Italia intera (perché tale Siena è), riapre uno dei suoi scrigni più preziosi: un palazzo del 1100, ampliato nel 1488, ristrutturato nel 1770 e 1824, che ospita una raccolta delle più nutrite (12 mila numeri d’inventario) e preziose; una residenza rimasta come era, con gli arredi, i ricordi e gli echi d’un passato che fu immenso. Da quando lo abitavano i Piccolomini, quindi i Saracini, poi un ramo dei Chigi, che dai Saracini eredita palazzo e cognome. Galgano Chigi Saracini, a cavallo tra Sette e Ottocento, dà il timbro all’edificio e la raccolta (Sassetta, Salvator Rosa, Bernardo Strozzi, Brescianino, Beccafumi, fondi oro e rarità etrusche e romane, maioliche ed avori); e l’ultimo, Guido, v’inserisce una deliziosa sala da musica, ospita tutti i massimi nomi del pentagramma, fonda l’Accademia Chigiana (ancora un vertice assoluto), popola quella quarantina di saloni di bel mondo e splendide note, vi custodisce il pianoforte che era di Franz Liszt e il più antico clavicembalo al mondo (1515). Anche grazie al sodalizio con Alfredo Casella, qui per la prima volta nel 1939, dopo due secoli d’assoluto oblio (e sembra davvero incredibile), risuonano le note di Antonio Vivaldi; dal salotto attiguo, il conte Guido ascoltava i concerti, e, assicurano, se l’esecuzione non gli piaceva, chiudeva la porta da cui origliava; in una camera, intatta, ospitava Elisabetta del Belgio, la mamma dell’ultima regina d’Italia Maria José di Savoia, che suonava, era allieva di Eugene Ysaye, spesso anche in duo con Alfred Einstein. Il palazzo è stato amorevolmente restituito, come da una guida del 1816: ci hanno pensato Enrico Colle e Carlo Sisi, con la supervisione di Donatella Capresi; torna a essere visitabile (fino a giugno: poi, i corsi musicali estivi lo occupano totalmente), sia pur per gruppi accompagnati, data l’abbondanza di ninnoli ed oggetti esposti; a piano terra, una mostra di 60 dipinti, tra i numerosissimi che sono nei depositi, completa l’itinerario, ed una appendice ideale si estende a Montepulciano, dove la pinacoteca espone un’altra collezione donata, quella del primicerio della cattedrale Francesco Crociani, che nel 1816 lascia le sue 173 opere, tra cui non pochi capolavori. Al Duomo e alla Libreria Piccolomini, al suo Duccio, all’incredibile palinsesto che l’ospedale di Santa Maria della Scala è, la città del Palio (e del Monte dei Paschi) aggiunge un ulteriore gioiello. Il richiamo alla banca non sembri pretestuoso: se la residenza dei Chigi Saracini ci è giunta integra anche negli arredi, lo dobbiamo alla preveggenza dell’ultimo del casato, che vincolò stabile e oggetti, e al Monte che se n’è occupato. Così oggi ci viene regalata un’esperienza unica: quella di frequentare la residenza d’un collezionista, Galgano, come era, assaporandone gli umori e il gusto; intervallando, nei passi, i capolavori alle erme degli eroi di casa, alle foto con dedica di tutti i grandi della musica, respirando, tra un bozzetto di Bernini e una sfilata di bronzetti etruschi, i sapori di tante glorie d’un passato fatto appositamente rivivere, custodito con cura ed amore. L’ Autoritratto di Salvator Rosa ce lo restituisce ben intrigante e seduttivo. I Conti Chigi Saracini sono ormai estinti, ma tornano a invitare in casa.
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