Longo e Pajetta, due garibaldini agli Uffizi Stefano Miliani L’Unità
«La battaglia di ponte dell'Ammiraglio» acquistata dal museo fiorentino. Nel quadro anche i volti dei due dirigenti del Pci Guarda tu dove portano a volte i passaggi della Storia. Decenni fa lo avreste immaginato, un simile scavallamento? Da Botteghe Oscure agli Uffizi. Un dipinto che è un trionfo di rossi, che emblema del realismo come lo desiderava il segretario del Pci Palmiro Togliatti nel dopoguerra, è entrato nella collezione del museo fiorentino. Portando con sé pure i volti di Luigi Longo e Giancarlo Pajetta. Su indicazione di Antonio Natali, responsabile del Rinascimento nonché della pittura contemporanea della Galleria, il consiglio d'amministrazione del Polo museale infatti ha acquisito poco tempo fa per 750 mila euro “La battaglia di ponte dell'Ammiraglio” di Renato Guttuso, rappresentazione imponente e monumentale delle camicie rosse (dalle tonalità un po' arancioni) spronate da Giuseppe Garibaldi che sopraffanno i soldati borbonici sulla via da Palermo a Messina: nella gestualità concitata, nello spirito indubbiamente retorico, nell’inserire ritratti di dirigenti comunisti, secondo la critica il pittore si richiamava a Delacroix, alle battaglie di Fattori, al genere della pittura storica, eppure in quell'anno di esecuzione, il 1951, era evidente che Guttuso metteva anche altro sul piatto, anzi sulla tela di oltre tre metri per oltre cinque: rievocando una tappa del Risorgimento Guttuso da un lato aggiungeva un titolo al fronte del Realismo contrapposto agli artisti che, più spesso proprio da sinistra, si opponevano a questo modello e guardavano all'astrattismo o all'espressionismo, dall'altro, suggerisce Natali, alludeva ai partigiani e alla Resistenza come valore fondante dell'Italia moderna. Il quadro, esposto alla Biennale di Venezia del '52, andò al Partito comunista, poi a novembre la casa d'aste Farsetti lo ha messo in vendita e s'è mossa la Galleria degli Uffizi. A scanso di mal di stomaco di una Destra al governo che vuoi far piazza pulita di qualsiasi cosa dissenta dalla propria ideologia in ogni campo del sapere e magari del piacere, l'acquisizione segue un “Bianconero” di Burri (opera astratta e, tanto per rammentarlo alla suddetta Destra, firmata da un magnifico artista nient'affatto di sinistra) e soprattutto si pone come seguito alla monumentale “Battaglia di San Martino” del '36 di Corrado Cagli donata al museo nell'83. «Con il dipinto di Cagli, che guardava a Paolo Uccello, e ora quello di Guttuso - racconta Natali - intendiamo ricreare l'epopea risorgimentale raffigurata in due capisaldi dell'arte italiana del '900 che, anche per le loro dimensioni, trovano collocazione naturale in un museo». Dapprima Guttuso andrà in una sala a pian terreno, «a debita altezza dai pericoli di un'eventuale alluvione», poi nell'ex chiesa di San Pier Scheraggio, nel museo, dirimpetto a Cagli. «Ma più che Delacroix o Gericault, come s'è fatto - commenta lo storico dell'arte - in questo Guttuso vedo una riflessione umanistica, filtrata, sul Rinascimento. Guardo i cavalli imbizzarriti e mi chiedo se pensare ai disegni per la Battaglia di Anghiari di Leonardo e alle copie di Rubens». Leonardo, Rubens... artisti che, si presume, neppure un don Baget Bozzo potrebbe definire «comunisti».
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