L'eredità di Adriano La Regina: il rigore e le idee ANDREA CARANDINI Corriere della Sera, 17 gennaio 2005
II regnum integerrimo e apprezzato di La Regina è terminato. A lui va il ringraziamento della città. Il ministero poteva preparargli un finale migliore. Stamani Angelo Bottini guarderà il Campidoglio dall'ufficio e lo coglierà un tremore: di entusiasmo e paura. È studioso e funzionario di primo ordine; scelta migliore non poteva esser fatta. Proseguirà nella via tracciata, ma troverà anche un suo stile, che non mancherà di arricchire la linea degli ultimi sovrani di Roma, dopo il Papa re. Il Soprintendente non sarà solo, circondato come è da ottimi funzionari; ma esiste a Roma un esercito di altri archeologi, pronti a consigliarlo e a aiutarlo: fra Comune, Regione, Università e Accademie straniere. La città non è solo un concentrato di monumenti, archivi e libri, ma un insieme straordinario di competenze e ingegni. Data l'enormità del problema e i mezzi sempre più inadeguati, la cooperazione fra diverse istituzioni, inaugurata da La Regina, è la sola via di salvezza. Spero che Roma diventi il modello antesignano di un futuro migliore, che preveda studio, conservazione e valorizzazione dei monumenti antichi basato non più su corporazioni isolate e antagoniste — tutte singolarmente perdenti! — ma su un'intesa sempre più intensa, viva e sistematica come vorrebbe la Costituzione, che affida i monumenti non allo «Stato» bensì alla «Nazione». Non vi è ancora una sensibilità adeguata in questa direzione; ma il futuro è lì. Roma è fra gli oggetti più complessi e belli che l'umanità abbia prodotto; fra tutti, forse, il più imperituro, fra decadenze e rinascimenti del classico. Deve essere tutelata con rigore e al tempo stesso non ridotta a museo. L'antichità deve insomma misurarsi anche qui con una moderata modernità, come nei servizi quali le metropolitane e nella stessa cultura, che se non è contemporanea, resta prestito morto. Credo che antichità e modernità possano trovare un modo soddisfacente di convivere (è attraverso la metropolitana che si è preso coscienza ad Atene della città sepolta). Equilibrio: ecco la dote indispensabile al Soprintendente, che deve guardarsi da uno sterile fondamentalismo conservativo come dal lassismo cui oggi tutto tende e a cui deve essere posto freno. Inizio qui un dialogo con Angelo, e pongo un primo problema. Manca a Roma un «Museo della città e del suburbio», che ne spieghi l'imago: un museo «topografico» dove paesaggi e costruzioni svolgano finalmente la loro funzione di dimora del resto della vita e dell'arte. È solo attraverso un tale museo che tutti potrebbero prendere coscienza del valore, non solo orografico, di montes e valles; anche dell'impiegato Palatino, che sta precipitando. I fondi si ottengono più facilmente attraverso progetti condivisi, che coinvolgano, facciano discutere e appassionino. Una mostra sul Palatino e numeretti di riferimento ad ogni monumento — che rimandino a spiegazioni a parte — costituirebbero un buon incipit in questa direzione.
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