Per la casa e l'auto? Macché oggi le rate si fanno per l'arte Antonella Barina Il Venerdì di Repubblica 14-GEN-2005
La passione di Russell per gli oggetti d'arte risale a una decina di anni fa, quando, ventenne, lavorava a una televendita di un'emittente inglese. Quei quadri magnificati in tv lui li sognava nel suo salotto, ma non se li poteva permettere: viveva con i genitori in un blocco di case popolari alla periferia di Sheffield e lo stipendio bastava a malapena a tirare avanti. Oggi Russell è un giovane ingegnere, ma ha moglie e figli a carico: per lui è ancora difficile spendere tanti soldi tutti insieme per acquistare un quadro. Eppure il suo sogno si è appena realizzato: il primo dipinto della sua futura collezione lo ha comprato a rate. Sì, perché l'Arts Council, che Oltremanica finanzia con denaro pubblico le attività artistiche, ha appena lanciato una nuova iniziativa: offre prestiti fino a quasi 3 mila euro (2 mila sterline), senza interessi, a chi acquista opere d'arte contemporanea da 250 gallerie certificate in tutto il Paese, con la sola esclusione di Londra. Si possono comprare quadri, stampe, sculture, vetri, ceramiche, mobili, gioielli e fotografie. Anche opere diverse in differenti gallerie, purché non si superi il tetto prefissato. E chi non trova quel che cerca sul mercato può addirittura incontrare il proprio artista preferito e commissionargli un lavoro. Scopo dell'iniziativa statale: stimolare il mercato dell'arte contemporanea fuori Londra (nella capitale è già molto vivace), incoraggiando il piccolo collezionismo. E aiutare i giovani artisti inglesi, nonché le gallerie di provincia.
«Lunghi studi, durati un anno, hanno mostrato che il mercato dell'arte potrebbe raddoppiare in Gran Bretagna» spiega Andrew Dixon, direttore del progetto per l'Arts Council. «Se in passato quasi cinque milioni di inglesi hanno investito in quadri, sculture, ceramiche, altri sei milioni acquisterebbero volentieri opere d'arte, solo che hanno bisogno d'aiuto: chiedono prestiti, ma anche di essere guidati nella scelta. È per questo che abbiamo selezionato 250 gallerie che danno assolute garanzie di qualità». Nei mesi scorsi, quando il progetto veniva sperimentato in alcune città inglesi, l'Arts Council ha tracciato l'identikit del suo cliente-tipo. «E sui 35 anni, ha appena comprato una casa e vuole decorarla al meglio, spesso svolge lavori socialmente utili, quindi ha una particolare sensibilità» continua Dixon. «Le zone dove l'esperimento ha avuto maggiore successo sono quelle più distanti da Londra, tagliate fuori dal mercato dell'arte della capitale. E le aree turistiche di campagna, perché l'operazione prestito è veloce: viene organizzata su due piedi dalle gallerie e si entra in possesso dell'opera d'arte prima di tornare a casa». Uno schema del genere sarebbe realizzabile anche in Italia? Nel boom dell'acquisto a rate, dei prestiti richiesti persino per i beni più superflui, si potrebbe arrivare pure da noi a stipulare un mutuo per un quadro d'autore? Per di più a tasso zero, grazie ai finanziamenti pubblici? «Sarebbe molto interessante studiarne le possibilità» risponde Maria Vittoria Marini Clarelli, soprintendente della Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. «Per far ripartireil sistema dell'arte contemporanea, che in Italia non ha mai avuto una promozione su più fronti, culturale ed economico: si organizzano musei, mostre, ma il lavoro degli artisti viventi rimane spesso scollegato dal mercato. Temo però che l'iniziativa dell'Arts Councii incontrerebbe parecchie difficoltà da noi. Primo, perché concedere prestiti senza interessi vuoi dire stanziare nuovi fondi pubblici e questi già scarseggiano. Secondo, perché nel nostro Paese non c'è un sistema che consente di certificare la qualità delle gallerie: condizione indispensabile per garantire sia l'acquirente sia lo Stato che eroga il prestito». Anche il critico d'arte Philippe Daverio ha molti dubbi sulla buona riuscita in Italia del progetto inglese: «Queste iniziative funzionano se la società è in grado di offrire garanzie e controlli. Ma il nostro è il Paese delle mille leggi evase da mille truffe. Già me la immagino la schiera di finti artisti che dipingebbero finti quadri per dare agli acquirenti la possibilità di aprire finti crediti. Non escludo l'idea di provarci, per dare un po' di fiato ai nostri giovani artisti, costretti a vivere in semiclandestinità, fuori del mercato. Ma con controlli rigorosi e senza peraltro pensare che basti una promozione finanziaria, da sola, a far rinascere l'Arte con la A maiuscola, che non è mai legata ai soldi, bensì alla capacità di recepire ed esprimere la società. A beneficiare di un'iniziativa come quella inglese non sarebbero solo gli artisti emergenti di valore, ma anche tutti coloro che "fanno" gli artisti senza esserlo davvero: bravi artigiani che sfornano beni di consumo "di sapore artistico"». Perplessità. Timori. Ma anche l'invito a tentare l'esperimento. La pensa così anche Antonello Scorcu, docente di Economia dell'arte e politica economica all'Università di Bologna e di Rimini: «Che ostacoli intravedo? Da noi c'è una scarsa sensibilità per l'arte contemporanea. E non abbiamo un'istituzione agile come l'Arts Council, ma un pachiderma come il ministero dei Beni culturali e le sue soprintendenze». Ma potremmo aspettarci qualche vantaggio? «L'aspetto più interessante dello schema inglese» risponde Scorcu «sta nell'allargare il credito al consumo a un pubblico che dal mercato dell'arte è da sempre escluso. Finora solo i collezionisti famosi, che acquistavano quadri importanti - quindi facilmente rivendibili in caso di insolvenza - potevano pagare a rate. Oggi a essere stimolato sarebbe il piccolo collezionismo. E il rapporto tra artisti, gallerie e acquirenti: un settore che raramente gode di sovvenzioni pubbliche e private. Insomma, se riuscissimo ad applicare quello schema in Italia, potremmo dare un contributo, magari piccolo, per liberare l'arte contemporanea dal ruolo di Cenerentola». |