Viaggio per Axum senza ritorno GIANFRANCO DE TURRIS L’Indipendente, 13/01/2005
«TUTTI i PROBLEMI sono superati», assicura il sottosegretario agli esteri Mantica. «Non credo che ce la faremo prima di Natale, ma sicuramente tra gennaio e febbraio potremo effettuare il primo volo per il trasporto dei tronconi dell'obelisco», conferma il professor Giorgio Croci» (Corriere della Sera, 17 novembre 2004). «Scambio di battute tra il vicepremier Gianfranco Fini e il ministro dei Beni e delle Attività culturali Giuliano Urbani, davanti alla platea di Azione Giovani. Ha cominciato Fini. «Capisco che la restituzione della stele di Axum ha un carattere storico e politico. Ma la reciprocità...» E Urbani ha risposto, un po' piccato: «Non l'ho mai considerata una restituzione, perché non c'era nessuna ragione per farla...» (Dagospia, 7 dicembre 2004). Non è grottesco e ridicolo tutto ciò? Un governo di centrodestra che, apprendiamo ora, non era affatto convinto di fare quel che ha poi fatto tra polemiche e mugugni, con un enorme dispendio di denaro pubblico solo per cedere alle pressioni politiche interne e per un progetto di strategia africana (la nostra "presenza" nel Corno d'Africa facendoci "perdonare" il nostro passato colonialista) che appare più un sogno che una realtà. Nulla, come ha detto il ministro Urbani che però poi non si è opposto alla decisione, ci obbligava realmente a segare e ha rispedire in Etiopia la stele portata a Roma nel 1937. Non il Trattato di pace del 1947, perché la "restituzione" della stele venne aggiunta nel 1956. Non motivi di politica internazionale, perché il precedente legittimo capo del governo etiopico, il negus Hailé Selassié, ce l'aveva "donata" in cambio di adeguati risarcimenti che effettuammo (costruzione di un ospedale e di una centrale idroelettrica), come ha testimoniato per ben due volte sul Corriere della Sera il duca Amedeo d'Aosta. Non una questione storica, religiosa, etnica, perché la stele fa parte di una civiltà, di una cultura e di una religione precedenti di secoli l'attuale etiopica. Non una questione archeologica, perché la stele trasportata in Italia non è un unicum, ma una delle tantissime esistenti a Axum, Si tratta solo e, esclusivamente di una questione politica, alla quale si poteva benissimo dire di no, per rispetto della nostra storia di cui non dobbiamo vergognarci e dei morti di una guerra che fu come non mai sentita dall'intera nazione. Si poteva rispondere con soluzioni alternative, avanzate da molti e di idee diverse: lo storico Franco Cardini, il giornalista Giuliano Zincone, l'ambasciatore Bruno Bottai, il ministro Mirko Tremaglia, fra gli altri. Proporre la realizzazione in Etiopia di opere pubbliche (come peraltro era stato già fatto) o l'invio di aiuti umanitari equivalenti per una popolazione in perenne stato di carestia. Si consideri infatti come la spesa per tutta l'operazione che coinvolge la stele sia lievitata ormai a ben dieci milioni di euro. I viaggi aerei saranno quattro: ovviamente sempre che si possa noleggiare un Galaxy o un Antonov, sempre che la pista di atterraggio a 2300 metri di altezza sia agibile, sempre che non vi siano i monsoni, sempre che la situazione politica lo permetta. Intanto i tre blocchi di pietra giacciono dal 23 dicembre 2003 in una caserma della polizia a Ciampino, mentre a Porta Capena davanti al palazzo " c'è ancora una transenna verde che circonda il luogo dove si alzava la stele, che non è stato ancora neanche asfaltato.
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