"Non ci sono più soldi per farmi restare". Petrioli va in pensione Mara Amorevoli la Repubblica, Firenze, 11/1/2005
A fine mese, Anna Maria Petrioli Tofani lascerà la direzione degli Uffizi. Andrà in pensione, suo malgrado. «Avevo chiesto di potere prolungare di altri tre anni l'incarico, come prescrive la legge che permette ai magistrati di lavorare fino a 70 anni, ma mi hanno riposto no» annuncia la direttrice. Se ne andrà dopo oltre 41 anni ininterrotti di studi e incarichi all'interno del museo. «Anni volati via» confessa con un velo di tristezza. Quando ha saputo che non era stata accettata la sua richiesta? «Pochi giorni fa, è una risposta ufficiosa. Ancora non ho parlato con il direttore generale, ma dagli uffici del personale del ministero mi hanno detto che non ci sono fondi, visto che la mia permanenza passerebbe come un'altra assunzione. Dicono che i meccanismi tra ministero del Tesoro e dei Beni culturali non lo permettono». Se ne andrà dalla direzione, ma la sua lunga esperienza museologica le permetterà pure di conservare qualche incarico in galleria, magari per i progetti dei «Nuovi Uffizi»? «No, qui non mi hanno offerto nulla. Resterò solo come volontaria al Gabinetto di Disegni e Stampe, per collaborare con la nuova direttrice Marzia Faietti nella cura degli inventari. E poi andrò all'estero, dove solo la mia esperienza viene riconosciuta e apprezzata. Da settembre sarò per un anno a Washington, come professore all'interno della National Gallery, poi sono impegnata nella commissione internazionale per i nuovi lavori di ampliamento all'Hermitage e continuerò ad occuparmi anche della Fondazione Marchi a Firenze». Ma non degli Uffizi, che sono un po' una sua creatura, dopo tanti anni di battaglie, realizzazioni e contrasti come in una vera storia d'amore. «Già, e mi dispiace molto non avere portato avanti i Nuovi Uffizi, ho lavorato anni al progetto, l'ho pubblicizzato nelle sedi dei musei di tutto il mondo, ne ha scritto anche il New York Times. Ho avuto tante soddisfazioni morali e proposte di collaborazione, appunto». Quando ha iniziato a lavorare in galleria? «Ero ancora laureanda in storia dell'arte con Roberto Longhi. Nel 1963 ho vinto un concorso, quindi nell'81 sono diventata direttrice del Gabinetto di Disegni e infine ho avuto l'incarico della direzione della galleria nall'87 da Luciano Berti. Nell'89 abbiamo presentato al ministero il progetto dei "Nuovi Uffizi", fu approvato e da allora iniziò il restauro delle sale dell'ex Archivio di Stato, dove fu allestita la mostra "L'Officina della maniera", oltre al restauro del Corridoio Vasariano. E iniziarono i contrasti». Le sue posizioni sono spesso state fonte di accese discussioni, persino di un diktat da parte del soprintendente Antonio Paolucci che le impose il silenzio stampa. «E' accaduto quando fu nominata la commissione per i lavori agli Uffizi, con Mario Serio, Evelina Borea, Mario Lolli Ghetti e Cristina Acidini. Studiosi preparatissimi, ma nessuno esperto di museologia. Così le soluzioni prospettate, come togliere i dipinti dal Corridoio Vasariano, non mi trovavano d'accordo. I progetti furono bloccati, peraltro senza che loro proponessero soluzioni alternative». Mi scusi, ma lei passa un po' per una scocciatrice: troppo rigorosa, conservatrice, contraria ai prestiti di opere d'arte... «Sono pagata per tutelare il patrimonio artistico, perché sia conservato e arricchito secondo precisi criteri filologici scritti nella storia degli Uffizi. E sono contraria a far circolare le opere d'arte in modo non giustificato e troppo facile. L'ho sempre sostenuto». Un impegno che a cui non è mai venuta meno. Anche con la ricostruzione dopo bomba di via dei Georgofili nel '93. «Fu una ferita nel cuore di tutti e coinvolse tutto il mondo, che rispose con grande solidarietà. Allora Ciampi era presidente del Consiglio, Ronchey ministro dei Beni culturali e Scalfaro presidente della Repubblica. Grazie a loro, fu riaperto il 60 per cento del museo dopo 20 giorni di lavoro intensissimo. E, grazie anche al contributo degli "Amici degli Uffizi" e della città, le 250 opere danneggiate nel giro di tre anni tornarono esposte. Fu un evento davvero straordinario». Anni di grande impegno e fatica. «Molto, ma anche di riconoscimenti e di orgoglio per il lavoro fatto. Peccato che oggi con l'autonomia del polo museale tutto sia diventato complicato e difficile». Invece lei è sempre stata una strenua sostenitrice dell'autonomia solo degli Uffizi. «Sì, e lo ripeto ancora. Se gli fosse stata concessa l'autonomia come tutti i più grandi musei del mondo, ora i Nuovi Uffizi sarebbero già pronti. E il mio sogno di dare alla città un museo funzionale, sarebbe realizzato. E' la struttura del polo che riunisce tutti i musei a non funzionare, purtroppo». Chi prenderà il suo posto alla direzione degli Uffizi? «Non so nulla. Forse nessuno e anche questo incarico verrà dato al soprintendente Antonio Paolucci».
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