Libia, Tunisia, Egitto: così le Rivoluzioni cambiano il lavoro dei nostri archeologi Irene Bonino Corriere della Sera - Sette 6/10/2011
Era sconosciuta, mai vista da nessun viaggiatore del passato, non registrata su nessuna carta. Mentre stavamo pulendo un ambiente della prima tomba si è aperto un buco che portava alla seconda. Mi si è fermato il respiro. Mi sono affacciata dall'apertura e ho visto questi ambienti lunghi, dieci metri di buio davanti a me, e ho capito cosa stavo scoprendo . Marilina Betrò, professore di Egittologia all'Università di Pisa, dirige dal 2003 la missione archeologica in Egitto a Dra Abu el-Naga, vicino a Luxor, nella necropoli dell'antica Tebe. La sua è una delle 157 missioni archeologiche in elenco presso il ministero degli Affari Esteri. Ora è in attesa di tornare in Egitto perché le rivolte le hanno impedito di partire a febbraio e ora la sollevazione del personale precario del ministero dell'Antichità sta bloccando la continuazione dei lavori. Le primavere arabe non hanno cancellato le missioni archeologiche in Nord Africa. E gli addetti ai lavori, in attesa che la situazione si stabilizzi e che il lavoro riprenda, mostrano un certo ottimismo ma anche la necessità di una riflessione. Sullo scopo e sulle prospettive delle missioni archeologiche si parlerà il 12 ottobre prossimo a Roma, nel convegno "Cooperazione internazionale per il patrimonio archeologico, scoperte e conservazione" in collaborazione con l'École Francaise, nell'ambito della seconda edizione del Festival Internazionale della Diplomazia. Lo sviluppo culturale e quello economico sono legati a doppio filo, spiega Rita Correnti, presidente dell'Associazione Piazza Duomo, ideatrice e promotrice del convegno. I Paesi del Nord Africa sono molto ricchi di siti archeologici. Se i ragazzi. invece di salire su un barcone. rimangono sul loro territorio per imparare a prendersi cura dei loro beni archeologici e fare economia culturale, ci guadagniamo tutti. II turismo culturale può creare uno sviluppo diffuso e condiviso sui loro territori innescando un percorso virtuoso, ben diverso dallo sfruttamento fine a se stesso delle risorse}. IL CIRCOLO VIRTUOSO. Se uno degli obiettivi delle missioni archeologiche è aprire la strada per il turismo culturale in tempo di pace, nel Nord Africa le zone adatte sono molte. Sergio Ribichini, responsabile della missione archeologica congiunta Cnr - Institut National du Patrimoine in Tunisia, ad Althiburos, per rendere l'idea della ricchezza di quel territorio dice: Chiedersi come sfruttare Althiburos è come chiedersi: come posso sfruttare Ostia Antica? O Villa Adriana?.. Il paragone rende l'idea. Per innescare il circolo virtuoso si parte dalla formazione. Ne è convinta Luisa Musso, direttore della missione dell'Università Roma Tre in Libia. Non c'è investimento migliore. È l'unico modo per creare benefici duraturi nel Paese che si avvale della cooperazione . La Libia è un Paese che vuole riappropriarsi della propria identità e del proprio patrimonio e vuole giocare questo ruolo in prima persona. Anche il popolo egiziano, spiega Marilina Betrò, ha mostrato un forte senso di appartenenza al proprio passato. La catena umana che difendeva il museo egizio a piazza Tahrir dai possibili saccheggi , dice, aè un bellissimo segno di questa primavera araba e ci deve far riflettere. Sta nascendo una nuova classe di giovani archeologi molto preparata e appassionata. Per questo la vecchia archeologia un po' paternalistica e il vecchio concetto di cooperazione come formazione dall'alto devono essere rivisti . La formazione, spiega, oggi deve essere intesa come scambio di competenze. Ma gli argomenti in gioco sono molti, non ultimo quello degli interessi collaterali di istituzioni e sponsor privati in un'area ricca di risorse e in cui le missioni archeologiche potrebbero spianare la strada alle relazioni diplomatiche. Peraltro, in uno scenario dai contorni non ancora definiti.
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