L'architettura delle forme mutanti Sergio Dall'Omo Il Gazzettino 10/9/2004
Venezia. Il nostro cuore era rimasto con la mitica Biennale Architettura di Francesco Dal Co, quando l'ente Biennale aveva sposato la filosofia di diventare esso stesso motore di progettualità, terreno di una sperimentazione globale, ad un tempo concretamente ideologica ed etica. Ad ogni altra edizione - e pur ve ne sono state di bellissime -si è sfiorato il rischio di cadere nella "repertologia" storiografica, in cui il critico dietrologo attingeva banalmente negli episodi architettonici in fieri collimandoli a seconda della sua personale propensione. E solo per l'intelligenza delle grandi personalità chiamate a dirigere questo difficile settore si è riusciti a non cadere nell'ovvio dell'architettura rappresentata. Questa nona Biennale Architettura affidata ad un troppo titolato personaggio come lo storico svizzero Kurt Forster, di cui si ricordano straordinarie lezioni sul Rinascimento italiano al Politecnico di Zurigo, suscitava diffidenza. Complice l'etichetta "Metamorfosi", icona semantica dagli infiniti significati e dalle ambigue implicazioni (come altre: specchi, labirinti, atmosfere...), che si prestava a far da contenitore per qualsiasi cosa. Metamorfosi, e cioè un mutamento che contiene una persistenza, un qualcosa che cambia mantenendo echi dell'essenza originaria: non mutazione, non rivolgimento. Ma un adattarsi lento a mutati contesti. La diffidenza ieri è evaporata. È una bella Biennale Architettura, forse una grande Biennale Architettura. Non facile, probabilmente un po' concettuale, ma certamente innovativa. I temi sul tappeto non sono delineati in maniera analitica, ma sono solo colti e presentati come capisaldi di nuove tendenze. Più testimonianze che messaggi, più suggerimenti per la discussione che dimostrazioni teoretiche compiute. Tutto nasce dalla visione di Forster che prende atto della morte dell'angolo retto e del "modulo", e dell'invenzione (tutta informatica) delle polilinee e delle "mesh", le superfici a curvature continue e differenziate consentite dai programmi Cad più recenti. E guarda alle nuove forme neo-naturalistiche - sassi oblunghi, bolle asferiche, contorte conchiglie -, post-tecnologiche - superfici accartocciate, volumi spiegazzati -, e neo-paesaggistiche e post-ecologiste - un diverso rapporto tra lo spazio antropicamente organizzato con quello naturale e pre-urbano -con spirito positivo, senza giudicarle ma indicandole come "la nuova possibile via". Ieri, dopo una affollatissima conferenza stampa in Arsenale alle 13 con Davide Croff e Kurt Forster, rispettivamente presidente della Fondazione Biennale e curatore della rassegna, alle 17 il vernissage con il ministro ai Beni Culturali Urbani, il presidente della Regione Galan, il presidente della Provincia Zoggia, il sindaco di Venezia Costa e le altre massime autorità veneziane. Grande l'entusiasmo di Croff: «Una mostra che lascerà il segno nella storia della Biennale»; e che ha annunciato che è obiettivo della Biennale sbarcare in Cina (Pechino e forse anche Shangai) con una parte dell'esposizione di architettura. Emozionato ma soddisfatto Forster, che ha spiegato la filosofia dell'esposizione, che tra i Giardini e le Corderie dell'Arsenale presenta - fino al 7 novembre - i lavori ai più di 170 studi di architettura, oltre 200 progetti, più di 150 fotografie, modelli, video, filmati. «Non sono i vecchi temi, le solite categorie: abbiamo voluto avvicinarci all'architettura di oggi con lo spinto di costruire una visione d'insieme, tentando di cogliere la logica del cambiamento che è in atto, aldilà delle interpretazioni ideologiche o metodologiche». Nella parole del ministro Urbani il compiacimento per una Biennale che in qualche modo rinasce dalla sue stesse ceneri con "prodotti" di qualità che vogliono riaffermare un primato culturale dell'Italia nel mondo. «È stato un atto voluto per testimoniare l'universalità di questa forma espressiva e far conoscere i nostri architetti senza però chiudersi in provincialismi». Urbani ha accennato alle polemiche dell'anno scorso ribadendo l'utilità di un confronto vivace e combattuto, essenziale per un avanzamento culturale positivo.
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