VENEZIA — Il Consiglio di Stato boccia le torri di Jesolo CORRIERE DEL VENETO 14 apr 2010 Venezia
Prima serve l’ok della Sovrintendenza. E il Comune «sposta» i cantieri
Il Consiglio di Stato boccia le torri di Jesolo. Prima serve il parere della Sovrintendenza, così come avevano detto la Sovrintendenza stessa e il Tar. Anche l’ennesimo tentativo del Comune e della Terramare, la società che ha progettato l’intervento, è andato a vuoto. Adesso non c’è nessuna possibilità di sottrarre il piano di espansione in altezza della cittadina a vincoli paesaggistici. Così è stato confermato lo stop a quasi trecento cantieri e varie torri, compresa quella di piazza Marina già arrivata ad oltre metà dei lavori.
Adesso il sindaco inevitabilmente deve mettere in atto quel piano B che l’amministrazione ha nel cassetto, visto le sentenze precedenti: il taglio delle torri sul fronte mare per renderle compatibili ai vincoli fissati dalla Sovrintendenza, e in particolare la previsione di erigere nuove torri oltre i 300 metri dalla linea di costa dove il Comune può lavorare a mani libere. Una soluzione «forzata» anche perché la Sovrintendenza nel cominciare il braccio di ferro con il sindaco era stata chiara, nonostante il Comune continuasse a dire che le zone «urbanisticamente compromesse», come quella compresa tra l’area dell’ospedale e piazza Marina appunto, dovevano essere escluse dal vincolo paesaggistico. E invece niente, l’onda rossa dei giudici continua e mette ko i piani di Francesco Calzavara. Perché su quelle aree l’approvazione del piano di recupero deve venire dalla Sovrintendenza grazie a quel vincolo sui territori costiere previsto già dalla legge 431 del 1985 e dalla norma successiva del 2004 che esclude qualsiasi ipotesi di deroga. Prima il Tar e poi il Consiglio di Stato infatti hanno fatto proprie l’interpretazione restrittive della Sovrintendenza, andando contro l’amministrazione e la società Terramare che hanno continuato ad insistere nel sostenere la pacifica assimilazione alle zone «B» del territorio comunale delle cosiddette zone di «ricomposizione spaziale» e quindi la sottrazione delle aree al regime vincolistico proprio dei territori costieri.
Il Consiglio di Stato poi è andato oltre ai giudici del Tar individuando come motivo per bocciare i ricorsi la specifica natura delle aree che secondo le previsioni pianificatorie sono soggette all’adozione di un piano di recupero su cui appunto la Sovrintendenza deve intervenire. Meglio allora per Calzavara mettere in atto il piano B andando a ritarare lo sviluppo della città balneare. Con buona pace del master plan redatto dal giapponese Kenzo Tange che prevede una ricomposizione degli spazi verso l’alto. Quelli ci potranno essere, ma a trecento metri dal mare.
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