Arcus Spa- Dovevamo avere 3,75 miliardi, per il 2003-2004 sono solo 50 milioni Adriano Donaggio Giornale dell'Arte, 1 MAG 2004
Per il presidente, Mario Ciaccia, la neo-società sarà un volano di sviluppo per altri soggetti con risorse.
Dovrà erogare ai beni culturali il 3% della spesa per le grandi infrastrutture
ROMA. «Se qualcuno pensa ad Arcus come a un distributore di soldi a fondo perduto, spreca il suo tempo. Se invece ha delle idee per realizzare un progetto interessante, possiamo discutere su forme, modi, impegni. Alla domanda "Quanto mi dai?", la nostra risposta sarà: "Niente o tutto, dipende dalle tue idee, dal progetto che proponi, dalle forme di collaborazione che intendi instaurare, da quello che il tuo progetto riuscirà a mettere in moto"».
Mette le mani avanti Mario Ciaccia, presidente di Arcus, la Società, nata come sostegno dell'attività del Ministero dei Beni culturali, con il vantaggio di finanziamenti certi (il 3% dei fondi stanziati dalla Legge obiettivo per la realizzazione delle grandi opere infrastnitturali), e di essere più agile di un Ministero pur essendone, in qualche modo, e allo stesso tempo, un braccio esecutivo, un interlocutore, un punto di incontro tra esigenze di Regioni, Comuni, Province, e la progettualità e l'operatività del Governo.
Mario Ciaccia, 56 anni, magistrato della Corte dei Conti, «servitore delle istituzioni e gran commis dello Stato», come lui stesso si definisce, ha sempre lavorato con Ministri e Governi, dove le esigenze di un corretto ordinamento giuridico si intersecano con quelle dell'economia e della finanza, dove lo sviluppo del Paese porta all'incontro di finanza pubblica e finanza privata, dove le istituzioni pubbliche si incontrano con la logica del privato.
Dottar Ciaccia, che cos'è esattamente Arcus? Arcus è una grande occasione che finalmente si affaccia nel nostro ordinamento. Sappiamo ormai che lo straordinario patrimonio che possediamo deve essere conservato, ma anche che possiamo operare un'attenta valutazione dell'indotto che da tutto ciò può derivare.
L'art. 60 della Legge 289 del 2002 prevede che il 3% delle somme destinate alla realizzazione delle grandi infrastrutture finisca ai beni culturali, che per la prima volta nel nostro Paese vengono visti come elemento del sistema infrastrutturale.
La società Arcus diventa lo strumento nel quale poter veicolare tutto o parte di quel 3%. In parole povere, Arcus è lo strumento operativo per effettuare tutte quelle operazioni volte a realizzare promozione, sostegno finanziario, tecnico, economico e organizzativo, di progetti e altre iniziative di investimento per interventi, restauro e recupero di beni culturali, e altre iniziative a favore delle attività culturali e dello spettacolo.
Il progetto ambizioso di Arcus è quello di non effettuare interventi diretti, anche perché sarebbe stato improvvido in ragione del fatto che c'è un Ministero che a questo è preposto con singoli capitoli di spesa.
Arcus deve essere in qualche modo il collante diretto, o attraverso la partecipazione ad altre società, che consente di rendere operativa questa canacità di nromozione e sostegno progettuale per la realizzazione di iniziative mirate a migliorare il quadro dei beni e delle attività culturali, di inserirle in una sorta di marketing territoriale.
Che cosa intende con la parola «collante»?
L'ambizione è quella di unire tutti i possibili interventi di altri soggetti importanti nel territorio, siano essi enti territoriali, organismi come il Fai, associazioni come Civita, le Fondazioni di origine bancaria. Noi riteniamo che se Arcus saprà muoversi con la dovuta attenzione e impegnare i diversi soggetti che operano nel territorio, questo porterà a un grande sviluppo delle risorse e delle nostre potenzialità. Fino a oggi verso i beni e le attività culturali abbiamo avuto un'ottica che definisco sepolcrale: o da addetti ai lavori o come beni che consumano risorse, certamente necessarie per la loro tutela, ma che potrebbero forse generare nuove risorse in un 'ottica di sviluppo.
Può esemplificare il concetto? La possibilità di configurare dei veri e propri bacini culturali, cioè delle aree geografiche nelle quali insistano beni di proprietà di soggetti diversi (Stato, Regioni, Coni, Fondazioni di Teatri lirici ecc.), in una visione integrata, sistemica, collegata al turismo, con trasporti ben organizzati, con l'individuazione di veri e propri percorsi culturali, con un'adeguata politica dell'accoglienza alberghiera, della ristorazione. Dovremo saper approfittare del numero sempre maggiore di persone che vogliono viaggiare, vedere, di un turismo sempre più attento ed esigente che può costituire una grande potenzialità se riusciremo a fornire un'immagine migliore del nostro Paese sia dal punto di vista paesaggistico, sia dal punto di vista della fruibilità, dell'appeal dei nostri beni culturali.
Quindi non più il singolo bene culturale, ma un marketing territoriale che parte dal bene culturale. Un solo dato. In Italia abbiamo 1.180.000 imprese artigiane. Con un'adeguata politica di merchandising opportunamente attivata in determinati bacini culturali potremmo favorire una sviluppo di creatività, di produttività, di ritorno economico molto interessante. Un progetto ambizioso, ma quali sono le vostre risorse economiche? // documento di programmazione economico-finanziaria lascia pensare a interventi per 125 miliardi di euro, il cui 3% significherebbe 3,75 miliardi.
Purtroppo così non è, perché gli impegni di spesa cui è possibile fare riferimento non possono essere che quelli che fanno riferimento alla legge obiettivo, vale a dire impegni di misura assai limitata che, calcolati al 3%, danno luogo a un ammontare, con riferimento agli anni 2003-2004, considerati i mutui che sarà possibile sviluppare, a una cinquantina di milioni di euro. La società nasce con 8 milioni di euro, che non è molto, ma ha il vantaggio di avere un introito cerio, appunto il 3%, una percentuale.
Arcus deve porsi, come dicevamo prima, come un volano di sviluppo e collante di altri soggetti che possiedono risorse, gli Enti locali, le Fondazioni di origine bancaria, senza contare che lo statuto prevede che si possano fare convenzioni anche con privati.
Quali sono i primi interventi che intendete fare?
Il programma, varato dal Consiglio d'Amministrazione (che non si è ancora espresso) deve essere approvato dai Ministeri dei Beni culturali e delle Infrastrutture. Intanto però vi sono degli interventi ritenuti prioritari dallo stesso legislatore, che ha già determinato l'importo, 7,7 milioni di euro: riguardano il recupero di alcune zone della provincia di Lecce con famosi esempi del Barocco.
Personalmente poi immagino interventi di tipo diretto e interventi di tipo strumentale.
I primi volti a raccogliere iniziative progettuali per favorire una migliore fruizione di, faccio un esempio, bacini archeologici, situati anche lungo le direttrici autostradali. Poi interventi volti a mitigare l'impatto che potrà esserci nella realizzazione di infrastrutture strategiche, sviluppando azioni mirate a favorire la riscoperta di siti storici minori.
Ma soprattutto, come dicevo, cercare di sviluppare questa struttura integrata del territorio, attraverso la definizione condivisa di bacini culturali nei quali utilizzare un nuovo merchandising, dal momento che quello vecchio non c'è stato.
Ma, per esempio, un'istituzione come Palazzo Grassi la finanziereste?
Se Palazzo Grassi potesse far parte di un grande progetto sarebbe bello.
E che altri progetti vorreste finanziare e promuovere? Per esempio sarebbe interessante intervenire su Aquileia, prolungare nei prossimi anni le iniziative di Genova Capitale della cultura, creare un rapporto nuovo con l'Università, studiare un progetto con la Biennale di Venezia, per la quale il ministro Urbani ha ipotizzato anche la possibilità di un nostro intervento per il nuovo Palazzo del Cinema al Lido. Che altro ancora?
Intendiamo impegnarci molto per rendere fruibili i beni culturali, quindi formazione per migliorare gestione e comunicazione, ma anche fruibilità materiale. Il 40% dei nostri siti archeologici non sono fruibili dai disabili. C'è di che riflettere.
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