FIRENZE - Santa Maria Novella va in panchina Maurizio Barabesi *, Arturo Carlo Quintavalle Corriere fiorentino 07/04/2009
Piazza Santa Maria Novella è certamente una delle piazze più conosciute nel mondo ed è, come ci ricorda Quintavalle nel suo articolo pubblicato dal Corriere Fiorentino, «una piazza disegnata, incisa, dipinta migliaia di volte» dove, aggiungo, la piazza è sempre rappresentata con i lati della basilica e del portico dell’Ospedale di San Paolo tra loro paralleli e nell’iconografia settecentesca la corsa dei cocchi che vi si correva è rappresentata con un perfetto ovale circondato dal popolo festante.
In realtà la piazza non è per niente regolare e nessuno dei cinque lati è parallelo ad un altro ma la sua configurazione spaziale e gli interventi cinquecenteschi, compresi i due obelischi, fanno sì che il visitatore la percepisca come una piazza rinascimentale. In questo grande spazio pubblico, di oltre tredicimila metri quadrati di superficie, dedicato dai frati Domenicani alla predicazione e luogo deputato per le feste e le adunanze civili e popolari, le strade sono tutte tangenti ai lati della piazza tranne via de’ Banchi che entra nella piazza e la unisce con la Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Da qui sono entrati in piazza nel corso dei secoli importanti processioni religiose e civili come quelle durante il Concilio del 1439 che ha rappresentato un momento in cui è sembrato che il mondo fosse a Firenze e che fosse realizzata la comunione definitiva dei cristiani e Santa Maria Novella era il centro della ricerca dell’unità.
Allora come ora per le strade e le piazze fiorentine s’incontravano genti d’etnie e religioni diverse.
Questo è il tema della piazza quale luogo d’incontro, sottolineato e ripreso in numerosi interventi durante il convegno che il Comune ha organizzato nel Dicembre del 2001 dove è stata presentata una dettagliata analisi storica ed urbanistica necessaria per impostare le successive scelte progettuali.
È errato affermare che la piazza ha un preciso asse ordinatore quando in realtà ha una organizzazione spaziale più complessa dove la linea che congiunge i due obelischi si evidenziava soltanto quando veniva posto il canapo che divideva il percorso della corsa dei cocchi.
Questo segno oggi è inciso nella pavimentazione in pietra della piazza che è realizzata in pietraforte Albarese estratta nell’Appennino romagnolo e lavorata a mano con rigature discontinue ed è posata parallela alla facciata dell’Alberti con uno spartito scandito da ricorsi di acciaio corten posti ad intervalli regolari. Leon Battista Alberti quando su commissione della famiglia Rucellai completa la facciata della Basilica, afferma il principio che il nuovo non deve ignorare il passato ma la nuova e vecchia architettura si devono fondere in una unica composizione. Nel De re Aedificatoria a proposito del Tempio, l’Alberti scrive che l'architettura deve essere tale da «intrattenere piacevolmente l’animo e riempirlo di gioiosa meraviglia. Con la consapevolezza che la piazza è percepita come piazza rinascimentale e che il giardino progettato negli anni ’40 del secolo scorso dal paesaggista Pietro Porcinai sottolinea questa visione, l’Amministrazione comunale, in accordo con la Soprintendenza ha deciso di mantenere nella rinnovata piazza la memoria del giardino mantenendone i tratti principali del suo disegno e portando le superfici erbose in continuità con le parti in pietra. Il risultato è quello di aver realizzato un unico piano di calpestio complanare dove anche il prato è parte integrante della pavimentazione della piazza.
Un’istallazione composta di sette manufatti si pone al centro e ne completa la composizione geometrica e formale aggiungendo valori simbolici tali da rafforzare il ruolo della piazza quale luogo d’incontro e di comunicazione. Con l’uso di materiali come il corten ed il legno si vuole richiamare le panche del tempio, con il vetro si utilizza la luce, diurna e notturna, per esprimere trasparenze, immagini riflesse e colori; con i monitor si introduce uno strumento con il quale si può comunicare attraverso le immagini.
Il progetto prevede inoltre di realizzare nel prossimo futuro una rete Wireless free per connettersi al web e prevede inoltre l’apposizione di un web-cam, la prima a Firenze a disposizione in rete civica. Ora che l’opera s’inaugura diventa fondamentale che i cittadini, e penso in particolare ai giovani, si riapproprino consapevolmente di questa spazio riconoscendosi nei suoi valori e mettendola come luogo di riferimento per il loro vivere quotidiano ed anche la classe politica deve amare di più, come merita, questo luogo cosi ricco ed importante evitando di far passare altri lunghi anni per realizzare i lavori che rimangono da fare, come la nuova illuminazione della piazza, ed affermando quanto prima la sua completa pedonalizzazione.
Piazza Santa Maria Novella non è più il luogo per le prediche e la corsa dei cocchi, né il luogo d’arrivo e di partenza per la presenza nella piazza dei mezzi di trasporto e per la vicinanza della stazione ferroviaria, ma è una grande piazza della comunità fiorentina che può ora assumere un nuovo ruolo ponendosi al centro degli importanti cambiamenti urbanistici in atto in questo settore del centro storico, connotandosi come spazio della cultura che fa convivere i valori del passato con una forte contemporaneità, ricordandosi che è una delle piazze da sempre deputate a rappresentare Firenze.
* Progettista e direttore dei lavori Queste righe intendono evidenziare i problemi che pone, alla città e all’Italia, un intervento gravissimo come quello che si sta realizzando in piazza Santa Maria Novella.
1) «La piazza è sempre rappresentata con i lati della basilica e del portico dell’Ospedale di S. Paolo tra loro paralleli », scrive il Barabesi, e poco oltre aggiunge, «è errato affermare che la piazza ha un preciso asse ordinatore» che sarebbe quello dei due monumenti indicati. Se queste sono le affermazioni, come mai le sette panchine, anzi pancone, sono state piazzate in modo trasversale a questo asse? Perché i turisti contemplassero i due «monumenti » senza voltare la testa? Se si voleva aderire alla realtà urbanistica della piazza e non stravolgerla, la collocazione delle panche doveva essere diversa. Io stesso ho ribadito il carattere complesso delle strade di accesso alla piazza, complessità certo manomessa dall’intervento.
2) La conservazione del giardino degli anni ’40 non sembrava davvero indispensabile però proporla semplicemente in planimetria mi sembra una soluzione assurda: memoria di tutto vuol dire memoria di nulla, così il sistema diventa illeggibile.
3) La frase «con l’uso di materiali come il corten ed il legno si vuole richiamare le panche del tempio» è singolare. Non mi soffermo sulla luce e la divagazioni letterarie sul suo significato simbolico, da istruzioni di fotografia di Topolino, ma resto al punto: cosa vuole dire il richiamo alle panche del tempio, quale? Quello di Salomone? I templi di Tebe che panche non ne avevano? E poi: non mi risulta che a Firenze vi siano chiese con panche di vetro, tantomeno con dentro monitor. 4) L’insistenza su monitor, rete wireless, web cam è molto interessante ma, mi chiedo, dove si collocano? Li mettiamo tutti come il televisore dentro la panca di vetro?
5) Sono certo che l’indagine storica presentata al Convegno del 2001 è stata completa, redatta da studiosi specializzati; sono certo che il progettista o l’asssessore hanno almeno qualche centinaio di antiche immagini della piazza debitamente schedate a analizzate e un lungo saggio sul problema. Ripeto, ne sono certo, e vorrei che questi materiali fossero messi a disposizione del pubblico, ma prima di intervenire sul tessuto storico.
Purtroppo di questa approfondita ricerca, qui i risultati non si vedono. Elenco quelli che ritengo gravissimi errori urbanistici: tradimento degli assi multipli della piazza scegliendo quello monumentale; eliminazione dell’asse principale del sistema della corsa dei cocchi se non per una linea sottile, illeggibile per i più; nessun intervento o almeno analisi degli edifici attorno alla piazza, in parte certo medioevali ma nascosti da intonaci ottocenteschi; creazione di manufatti (pancone) che starebbero bene forse in un parcheggio condominiale.
Veniamo a pochi suggerimenti: le panche di corten e legno andrebbero eliminate, se non si può, che si spostino almeno nelle aree marginali onde non ribadire l’asse monumentale della piazza. Credo che le panche di vetro invece vadano comunque eliminate, e non perchè fragili, ma perché assurdamente estranee a quel contesto. Il design di questi oggetti è terribile, non era meglio cercare delle panche di qualità, storicamente compatibili? Il dialogo col passato ha avuto in Italia molti protagonisti, da Rogers ad Albini a Gardella a tanti altri, e tutti hanno creato importanti pezzi di design; altrimenti era meglio far ripensare la piazza ad Archizoom o a Superstudio. Comunque, se il progetto verrà realizzato, quali che siano i giustissimi desideri di farne un polo di incontro per tutti, a cominciare dai giovani, la manomissione della piazza sarà evidente a italiani e stranieri.
Arturo Carlo Quintavalle
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