Da Napoli scompaiono 300 chiese Marcella Caterino Roma 27/6/2008
NAPOLI. Napoli ha un tesoro inestimabile celato nei vicoli del centro storico, peccato che non siano in molti a saperlo e che, anche chi ne è a conoscenza, non se ne curi. Stiamo parlando del patrimonio formato dalle tante, troppe chiese chiuse della città. Veri e propri complessi monumentali che, al momento, non sono visitabili e che, cosa gravissima, sono abbandonati al più totale degrado. Svariati i motivi. Inagibilità, interminabili lavori di restauro (al punto che le opere di ristrutturazione sono diventate "antiche" a loro volta), incuria o semplice "distrazione". Volendo fare una stima approssimativa, stiamo parlando di quasi trecento edifici tra chiese e cappelle gentilizie (alcune di proprietà privata). Di questi trecento luoghi di culto, infatti, circa 160 rientrano nel patrimonio della curia. Tra questi come non ricordare la chiesa di San Gennaro a Sedil Capuano oppure la meravigliosa basilica di Santa Maria di Vertecoeli. Entrambe chiuse da tempo e, ormai, cadute nel dimenticatoio. Circa cinquanta, invece, sono le chiese inagibili o degradate al punto da non essere più riconoscibili che fanno parte del fondo edifici di culto del ministero degli Interni. Per capire che cosa è il Fec, bisogna fare un passo indietro nel tempo. Nella seconda metà dell'Ottocento, infatti, furono emanate una serie di leggi che permisero dì appropriarsi di parte del patrimonio della chiesa cattolica. Il Fondo, istituito con la legge 222 del 20 maggio del 1985, ha quindi il compito di gestire e amministrare questo immenso patrimonio ed è amministrato dal dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione. Peccato che in questo Ente ci si dimentichi di Napoli. Esempio eclatante è la chiesa di Sant'Agostino alla Zecca. Chiusa dopo il sisma dell'80 e mai più riaperta. Per questo complesso nel 2005,l'allora ministro ai Beni culturali, Giuliano Urbani, promise un finanziamento per portare a termine i lavori, ma i soldi non sono mai arrivati. Proseguendo in questo screening dei monumenti inaccessibili, dobbiamo anche includere nel novero le oltre cento chiese che rientrano nel patrimonio del demanio. Tra queste ricordiamo la chiesa di Sant'Agnello Maggiore a Caponapoli, che sorge su una antica acropoli, oppure quella di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, considerata un museo della scultura partenopea. A questa già considerevole cifra possiamo anche aggiungere una trentina di piccole chiese di proprietà privata che, come nel caso di San Biagio ai Casertì, nota come la chiesa di San Biasello, rischiano di essere messe in vendita. Infine un cenno alle cappelle gentilizie, anche esse private, come quella che si trova all'interno di palazzo Troiano Spinelli di Laurino che è stata costruita secondo gli stilemi del noto architetto Veneto Palladio e che non è visitabile. Ma dove si trovano questi edifici? In quel centro storico che è patrimonio dell'Unesco. Insomma, troppi portoni chiusi dietro ai quali si nascondono affreschi, preziosi arredi sacri, marmi che, troppo spesso, sono lasciati alla mercé di ladri d'arte. Tanti negli ultimi 10 anni i saccheggi avvenuti. A volerle cercare, queste trecento chiese, ci si può impiegare anche giorni, d'altra parte, stiamo parlando di opere d'arte che, ormai, non esistono più, se non sulla carta. Sono state cancellate dal degrado.
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