ARCHITETTURA - Il sogno di Renzo Piano. Pompei in quattro bolle M. A. Corriere del Mezzogiorno 26/03/2008
Evitare il modello Disneyland, ma non rinunciare ad affascinare il pubblico. Tutto il pubblico, non solo l`élite. Questo lo spirito che improntava il progetto di Renzo Piano per Pompei, ricordato sommariamente qualche giorno fa sul «Corriere della Sera» e ora tirato fuori dagli archivi per il «Corriere del Mezzogiorno». L`intervento pensato dal maestro dell`architettura per gli scavi della città sepolta fu pubblicato nel 1988 nel volume Le isole del tesoro (edizioni Electa, oggi fuori commercio) e commentato da Omar Calabrese, oltre che illustrato da disegni e schizzi. A leggere a distanza di vent`anni la descrizione dell`area archeologica, appare incredibile la persistenza di certi problemi. Per esempio? «I parcheggi inesistenti», come denuncia il testo. E se è oggettivamente migliorato il sistema di accesso, che nel testo di Calabrese viene definito «ignobile», resta da constatare la realtà di un fatto: «il pubblico viene catapultato nella città antica senza sapere come e perché». Per ovviare a questo corto circuito spazio-temporale, Piano aveva ideato un «ring», una sorta di vialone circolare, e un sistema di «bolle» sotterranee destinate a funzioni specifiche. Dunque, costiuzioni «raso terra» perché «non si può elevare dell`architettura in prossimità di Pompei, le si farebbe della concorrenza, come minimo percettiva, se non anche stilistica». Altro che «archistar» con le loro invenzioni invasive: di fronte alla suggestione di Pompei non c`è concorrenza. Così, anche Renzo Piano non ha voluto eccedere o tentare di sopraffare i reperti archeologici, ma ha pensato invece come valorizzarli. Per prima cosa, nella bolla numero uno, ha previsto un teatro in cui si assiste al racconto dell`eruzione. «Una sorta di "Ultimi giorni di Pompei", molto spettacolare, molto documentato (da Plinio il giovane) e tecnicamente realizzato da un maestro del cinema». La speranza era quella di coinvolgere un mostro sacro come Steven Spielberg. Bolla numero due: sede per un museo «molto particolare. Una sorta di ricostruzione di Pompei com`era». Non un accumulo di cimeli, bensì un percorso allestito intorno a un solo pezzo o a un piccolo gruppo di pezzi, in omaggio all`idea di Umberto Eco del museo «fatto da una sola opera». Nella bolla numero tre del progetto Piano ci sarebbe stata un`enorme banca dati. Una documentazione «che può essere perfino spettacolarizzata. Il luogo della memoria di Pompei». Infine, la bolla quattro era pensata come «il cervello di tutto il sistema, con il controllo sulle operazioni di scavo». L`obiettivo primario era considerato non accelerare, ma far durare il più possibile lo scavo dell`area ancora sepolta, «perché è quello il vero spettacolo». Nell`avveniristico progetto di Renzo Piano c`era posto anche per arredi in vetro pensati per «vivere» la città morta, ovvero per office comfort ai visitatori, dalle toilette ai sedili. Infine, previste strutture leggere da cui guardare i cantieri dall`alto perché, scriveva Piano, «la scelta è quella di creare non un oggetto estetico che si sovrapponga all`estetico per eccellenza che è Pompei, ma un oggetto non finito che possa avere la durata di mille anni, tanti quanti si dovrebbe far durare lo scavo di Pompei».
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