TOSCANA - Specola, polvere storica gli animali perdono la segatura MARA AMOREVOLI 11 gennaio 2008, LA REPUBBLICA - FIRENZE
L´ingresso è un parcheggio, il guardaroba non esiste, c´è una sola toilette, mancano i custodi e qualche esemplare impagliato perde "l´anima" di segatura. Viaggio tra i disservizi del museo de "La Specola", una delle sei sezioni del Museo di storia naturale dell´Università di Firenze. Tra le collezioni di pesci, rettili, uccelli impagliati e imbalsamati, tra le statue e i modelli di cere anatomiche delle raccolte medicee e lorenesi. Tra scolaresche affascinate dagli esemplari degli animali e dai racconti delle giovani guide, davanti alle vetrine polverose che custodiscono migliaia di pezzi settecenteschi.
Il guardaroba è un mucchio di cappotti per terra, il bagno è solo quello di servizio
LA sezione di Zoologia de "La Specola", il museo più amato da bambini e ragazzi, accoglie i visitatori su via Romana 17 in modo poco edificante: l´ingresso è un parcheggio di decine di moto, motorette e altrettante auto, oltre che dei sacchetti con la scritta "carta", da smaltire al passaggio del camion della nettezza. E si deve fare lo slalom tra i mezzi parcheggiati nel cortile per accedere alla scalinata, custodita dalla statua polverosa del fisico e matematico Evangelista Torricelli. Niente ascensore, niente toilette (ci sono i lavori di restauro in corso), via quindi alla maratona di scale fino al secondo piano del museo. La sala di ingresso è un capolavoro di cialtroneria tutta nostrana: da un grande finestrone si intravede un terrazzino dove sono ammucchiati resti di cassetti e armadi spezzati e malridotti, mentre all´interno una stanzina-guardaroba strabuzza di zaini e piumini, buttati per terra a mo´ di montagna colorata, quasi un´opera d´arte contemporanea ma non certo un servizio efficiente per i visitatori. Insegnanti e ragazzi non se ne curano, ogni classe ha il suo mucchio colorato. Ore 10.10, alla biglietteria-bookshop c´è un´unica impiegata: fa i biglietti, vende gadget, chiama le guide per avvertirle dell´arrivo delle classi per le visite prenotate, nel frattempo si affaccenda con garbo a soddisfare le richieste di un´intera scolaresca, che si accalca al banco per acquistare souvenir, lapis, gomme, manifesti di scheletri e quant´altro di kitsch sia disponibile in poche vetrine. La dipendente accontenta tutti, salvo non rilasciare neppure uno scontrino, ma sembra non averne davvero il tempo, perché deve indicare anche la toilette ad un visitatore: «Vada di là, è la stessa del personale dipendente, perché sotto ci sono i lavori». Il piccolo bagno tuttavia è decente e ordinato. Uno solo per tutti, e per fortuna le scolaresche hanno provveduto prima di partire. Pochi i turisti, solo due giapponesi e due inglesi che sembrano molto interessati alle collezioni, tanto da acquistare il volume baedeker. Anche in questo caso, niente scontrino: 10 euro a libretto e via. Parte la visita guidata per una classe. Le insegnanti impongono ordine e bocche chiuse ai bambini fin dalla prima sala, tra le vetrine piene di spugne, coralli e meduse. La guida, un giovane ben preparato, incanta subito i ragazzi davanti a enormi ragni mostruosi. Li lasciamo ammaliati da storie di veleni e numeri di zampe, «ma non erano 7, perché sono 8?». Insetti, farfalle e libellule regnano maestose e immortali nelle vetrine, e non importa se hanno angoli eloquenti di polveri storiche, almeno quanto le collezioni medicee. Il percorso si snoda nella sala dei rettili, tra esemplari giganti di tartarughe delle Galapagosos, un coccodrillo mummificato nell´antico Egitto e arrivato a Firenze con la spedizione di Rosellini del 1828, tra sauri e serpenti, salamandre e pesci di ogni tipo, un grande Dugongo, animale acquatico che ha sotto un bel mucchietto di segatura, evidente perdita dell´imbalsamatura da un foro. E ancora bufali, cervi, canguri e armadilli. Si prosegue calpestando il vecchio cotto scrostato, stupiti come sempre dall´antico ordine seriale ottocentesco degli esemplari, da migliaia di specie di uccelli imbalsamati, schedati e nominati uno per uno. Sala dopo sala, senza incontrare neppure un custode, osservati solo dall´occhio della telecamera, chissà la guarda poi. Finché non incontriamo un gruppo di alunni, bloccati davanti ai rinoceronti, compreso un esemplare bianco rarissimo, al famoso "Ippopotamo di Boboli", donato al granduca nella seconda metà del ‘700, vissuto nel parco e finito poi impagliato. La sale delle cere anatomiche, con i famosi "Scorticati", 1400 pezzi di fine ‘700, mostra modelli di corpi maschili e femminili, con precisione verosimile, manifatture straordinarie tra il macabro e il grottesco come quelle realizzate dal ceroplasta siciliano Gaetano Giulio Zumbo per Cosimo III a fine ‘600, conservate intatte teche d´epoca, che appaiono spolverate di recente. Ci si avvia all´uscita, attraverso la sala delle mostre, attualmente vuota. Alla biglietteria premono altre scolaresche, tra cui un gruppo di liceali svizzeri prenotati da Nyon, mentre la dipendente sia affanna a vendere gadget e ticket, smistare guide e gruppi. Solo ora vediamo davanti a lei, in alto sulla parete lo schermo delle telecamere per controllare le sale. Scusi, ma come fa a far tutto? «Bella domanda - risponde- oggi dovevamo essere in due. Ma l´altra non è venuta, così mi arrangio da sola». Intanto in basso, all´ingresso su via Romana, si affollano sempre più auto. C´è posto davvero per tutti qui dentro? chiediamo al portiere. «Siamo all´anarchia più completa- risponde - Qui chiunque fa richiesta ottiene la tessera di accesso. La direzione del museo se la prende con il Dipartimento di biologia animale genetica che ha sede qui accanto, e si avanti così, a scarica barile, senza una soluzione».
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