Mini-condono, piace la proposta Armani Secolo d'Italia 18/09/2003
ROMA. Il condono edilizio? Inevitabile. Ma non deve trasformarsi in una ghiotta occasione per i soliti truffatori del mattone. E' questa la posizione di Alleanza nazionale, che «non considera un tabù il condono edilizio per i piccoli abusi». Però - ha spiegato il coordinatore di An Ignazio La Russa - «non deve sanare grandi abusi ma se ne può parlare per piccole violazioni spesso commesse da famiglie modeste anche per responsabilità, a volte, degli enti locali. Va detto no però a sanare l'abusivismo in grande stile». Quanto al dettaglio dell'operazione condono e alla definizione di piccolo abuso, La Russa si è limitato a dire che «se sta discutendo in maggioranza». Pietro Armani (An), presidente della commissione Lavori Pubblici della Camera, ripropone invece al ministero dell'Economia la propria idea di condono, già avanzata lo scorso anno come emendamento alla finanziaria 2003. E il viceministro alle Infrastrutture, Ugo Martinat, spiega che ogni ipotesi di condono non deve riguardare i grandi abusi. In sintesi la proposta di condono siglata Armani, sulla quale tecnici di Tremonti starebbero riflettendo, riguarda le opere per le quali la legge Obiettivo prevede la denuncia di inizio attività (Dia) in alternativa alla concessione ed autorizzazione edilizia. iI condono, dunque, sanerebbe gli abusi di questo tipo commessi precedentemente all'entrata in vigore della legge Obiettivo e riguarderebbe solo gli interni. Escluse le nuove edificazioni, e gli interventi in zone sottoposte a vincolo, oltre alle opere non conformi alle norme urbanistiche vigenti al 31 dicembre 2002. Secondo i calcoli di Armani il condono potrebbe portare da un minimo di 1 miliardo dì euro fino a 2,5 miliardi, ma in questo caso l'oblazione dovrebbe essere non meno di duecento euro per metro quadrato, ipotesi sostenuta dal presidente della commissione Lavori Pubblici. Si dichiara contrario al condono, invece, il ministro dei Beni Culturali, Giuliano Urbani che però dice sì alla vendita dei beni demaniali alienabili, che saranno classificati dal nuovo Codice dei beni culturali. Un'alternativa che il ministro ha suggerito anche al collega dell'Economia Tremonti, che «si è detto - sottolinea Urbani - molto interessato». Il ministro dei Beni culturali è «in assoluto disaccordo» con la soluzione del condono, che definisce «la devastazione dello Stato di diritto» e suggerisce un'alternativa, «approfittare del futuro Codice dei beni culturali», che dividerà i beni demaniali in tre categorie: il demanio artistico (il Colosseo, i musei, i palazzi storici, i monumenti) per i quali ci sarà «inalienabilità assoluta»; gli immobili «che non hanno nessuna rilevanza artistica» e che perciò si possono vendere «anche domani mattina»; i beni di valenza artistica, per i quali però «è importante la destinazione d'uso, più che il titolo di proprietà». «Accerteremo - spiega Urbani al "Sole 24 Ore" - quali di quei beni può essere venduto, ma con il vincolo che la destinazione d'uso valorizzi la conservazione del bene». Sui tempi, il ministro è ottimista: «Il Codice dei beni culturali è pronto», spiega, ed «essendo un decreto legislativo, ha un iter molto rapido».
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