E’ contro la Costituzione dare in affitto pezzi della nostra Storia Nedo Cadetti L'Unità 18/12/2002
Beni culturali anche di interesse nazionale e musei in gestione ai privati. E’ l'ultima trovata del governo Berlusconi e della sua maggioranza in Senato per racimolare un po' di quattrini Un emendamento, in tal senso, è stato presentato alla finanziaria dal relatore, Lamberto Grillotti, An. Immediato l'allarme degli ambienti culturali, delle associazioni ambientaliste e dei partiti dell'Ulivo. «Se l'emendamento fosse approvato - ha dichiarato il verde Sauro Turroni - non solo i musei ma anche le zone archeologiche potrebbero passare alla gestione privata. E questo, oltre ad essere gravissimo, contrasta anche con la Costituzione perché è compito della Repubblica tutelare e conservare i beni culturali». Turroni ritiene però che l'idea non sia farina del sacco del relatore, teme che ci sia un asse Tremonti-Urbani per ricavare denaro dai beni culturali. «I ds – sottolinea Chiara Acciarini, responsabile della Quercia in commissione Istruzione del Senato – confermano l'impegno in difesa del patrimonio culturale italiano: una battaglia iniziata 12 mesi fa quando fu approvato un emendamento che impediva il conferimento in uso ai privati dei beni culturali. Il governo ora, con arroganza, rilancia e mette in affitto musei, opere d'arte e pezzi di storia d'Italia, un salto di qualità che conferma la volontà dell'esecutivo di alienare il patrimonio pubblico». Al voto della scorsa finanziaria si richiama anche l'ex ministro dei Beni culturali, Giovanna Melandri. Ricorda, smentendo Vegas che aveva sostenuto che la norma era già contenuta in quel documento, che allora l'opposizione riuscì ad introdurre nel testo dell'art.33 una serie di paletti che esplicitavano come la tutela di questi beni non potesse che rimanere in mano dello Stato: «Maggioranza e governo - consiglia - ricordino lo scivolone dello scorso anno ed evitino almeno questa volta di ripetere l'exploit». «Non bastava la Patrimonio spa - incalzano Giovanna Grignaffini e Franca Chiaromonte, ds - l'atteggiamento del governo è chiaro: tutti quei beni che non rientreranno nella Patrimonio saranno dati in affitto». Per la diessina Vittoria Franco, il rischio può arrivare fino «allo sfruttamento dei beni artistici a fini speculativi». Vegas si difende sostenendo che anche i governi di centrosinistra si erano mossi in questa direzione. Una cosa sono la proposta Veltroni del 1996 e il decreto Ronchi del 1998, si risponde dall'opposizione, che prevedono una stipula per la valorizzazione dei beni culturali (norma che diede vita a vari servizi gestiti dai privati, dai bar ai negozi) altra cosa è la gestione del bene, che include, ad esempio, il restauro o la conservazione, che spetta allo Stato. In allarme anche le associazioni ambientaliste. Fai, Italia Nostra e Wwf hanno indirizzato una nota al ministro del Beni culturali per chiedergli di modificare l'emendamento, nel quale - segnalano – si sostituisce il concetto di valorizzazione con la partecipazione ai privati «rischiando così di derogare dai compiti e funzioni che riteniamo debbano rimanere in mano pubblica». «Finora - prosegue la nota - solo i servizi finalizzati alla valorizzazione potevano essere dati in concessione ai privati. Posto che la valorizzazione compete anche alle regioni e agli enti locali, non riteniamo che aprire ai privati con un semplice emendamento alla finanziaria sia sufficiente per temi che meritano un confronto molto più ampio e approfondito».
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