Un patrimonio eccezionale che non sappiamo valorizzare di Maurizio Cecconi* iL GAZZETTINO, 30/11/2005
II viaggiatore che aveva attraversato montagne e pianure e visto laghi e monumenti incontrò al fine del suo percorso in Italia un oste che gli ispirava simpatia e gli disse; "Siete certamente fortunati in questo Paese- Non vi è borgo che non sia ricco d'arte e d'archeologia, non c'è sito che non abbia straordinarie tradizioni enog astronomi che.
Non avrete mai crisi, il vostro patrimonio e unico". Questo racconto breve è oggettivamente banale. Ma soprattutto è vero e accade ogni giorno a chiunque dì noi ed in qualsiasi luogo del nostro Paese. E allora, perché non funziona?
La risposta è semplice. La parie del bilancio dello Stato destinata alla cultura è solo lo 0,45%.
Gli enti locali e le Regioni vedranno i loro bilanci assottigliati drammaticamente dai tagli del Governo e oggettivamente dovranno diminuire sia gli investimenti in conto capitale sia quelli in conto corrente destinati alla cultura e ai beni culturali, e mentre questo accade appare chiaro a tutti che i nostri patrimoni enormi per quantità, straordinari per qualità, unici per caratteristiche e diffusi in ogni piccolo borgo potrebbero essere un volano economico di incredibile potenza. Abbiamo delle condizioni patrimoniali eccezionali e le consideriamo solo da conservare e non da valorizzare.
Il Salone dei Beni Culturali che, giunto al suo nono anno di vita, si apre a Venezia è un'occasione per dare uno sguardo a ciò che accade, per discutere dì questi temi, per capire se vi e un futuro e quale esso sia. In particolare si vuole dare un segnale. Non occorre ipotizzare incredibili cessioni di beni al privato o considerare necessario avviare dismissioni e cartolarizzazioni, Occorre invece capire bene che si può aprire una nuova stagione di seria e qualificata economia della cultura: non banalmente intesa come uso dei patrimoni, quanto piuttosto come incrocio tra beni culturali, paesaggio, beni enogasironomici, prodotti DOC dell'agricoltura e dell' artigianato.
Un'economia del territorio possibile ovunque e certamente competitiva in qualità e distinzione. Un'economia ad alto tasso di occupazione e non massificata che trova nelle differenze e nella qualità il proprio indice di attrazione, Le mostre su cui discuteremo, la forte presenza delle Province come luogo della programmazione e della formazione delle sinergie cui dedichiamo un importante convegno, l'intervista a Salvatore Settis che con coraggio ha denunciato "il tacere di quasi tutti gli addetti ai lavori sul degrado" che colpisce questo mondo, la presenza di Restaura che lega alla valorizzazione i protagonisti della conservazione, nonché la presentazione della mappatura del patrimonio architettonico ed archeologico di sette Paesi dei Balcani, sono solo alcune delle occasioni che si offrono a esperti e visitatori. 160 espositori, 60 dibattiti, 180 relatori, quasi la metà degli stands espressione di un mondo privato che vuole crescere e ancora 26 Province, 9 Regioni e tantissimi enti locali segnalano che il problema è sentito e avvertito. Segnalano anche che il Salone è divenuto, nel panorama italiano, luogo deputato a questi dibattiti.
È ora di cambiare e cogliere l'occasione. Non si può assistere silenziosi ad un declino che, per di più, agisce proprio in un comparto dalle ampie possibilità di crescita. Anche coloro che ogni giorno governano i Beni Culturali possono e debbono fare una riflessione. Infatti spesso la carenza finanziaria permette di dichiarare la propria impossibilità all'agire, al trasformare. Occorre invece sapere che se i Beni Culturali sono un patrimonio che va difeso e conservato non si può però guardarli, capirli con le tecnologie e i sistemi di comunicazione dell'800. La modernità dei patrimoni culturali sta tutta nella nostra capacità dì renderne attraente la visione e la frequentazione. Il rapporto tra arte e visitatore va dotato di mezzi di comprensione di questo secolo. E allora multiraedialità, virtualità, servizi, prenotazione remota sono esempi di come si può adattare il bene antico o moderno ad un uomo che nella fine del '900 e nel nuovo secolo vive una straordinaria trasformazione della comunicazione come novità primaria.
* Direttore Salone Beni Culturali
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