Critiche all'Agenzia del demanio. Beni dello stato, vendite lumaca di Luca Gentile ItaliaOggi - Edilizia e Territorio 25/11/2005
Sul fallimento della vendita del patrimonio immobiliare pubblico è pioggia di critiche da parte di operatori, imprese e comuni. L'accusa allo stato è di non aver fatto fruttare come doveva la sterminata ricchezza immobiliare messa all'asta negli ultimi anni e di aver badato solo a fare cassa.
Con esiti fallimentari: solo 5 i miliardi incassati dall'insieme di vendite ordinarie e straordinarie, comprese le ultime cartolarizzazioni. La cifra arriva dall'Agenzia del demanio, l'ente nato nel 2001 per razionalizzare e valorizzare i beni immobili statali.
Lo stato, insomma, è seduto su una miniera d'oro e non se ne accorge. È stato questo il leit motiv dei commenti dei partecipanti alla conferenza stampa di presentazione dell'attività dell'agenzia guidata da Elisabetta Spitz, tenutasi ieri a Roma. Dai dati si evince che la sua azione procede lentamente: a quattro anni dalla nascita, l'agenzia non ha ancora terminato il censimento dell'immenso e prezioso patrimonio italiano.
Ad oggi, comunica l'agenzia, sono stati individuati 70 milioni di metri cubi di edifici ma si è ancora lontani dall'obiettivo prefissato: poter contare alla fine su un database di 17 milioni di informazioni corredate da centinaia di migliaia di immagini fotografiche, consultabili via internet per poi essere vendute.
Non solo. L'agenzia del demanio ha tra i suoi compiti anche quello di far risparmiare il più possibile lo stato, gli enti locali e gli enti pubblici quando devono affittare i locali per le loro attività. Li assiste attraverso un organo interno, la commissione di congruità. Ebbene, in due anni e mezzo il risparmio procurato dalla commissione non è andato oltre i 160 milioni di euro, 140 derivanti dall'abbattimento dei costi di locazione e 23 dalle economie sull'acquisto di immobili. Troppo poco, è la critica.
Dal parterre di operatori, tecnici e politici intervenuti ieri sono arrivati altri appunti all'azione del governo. Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis: ´Siamo il paese più dotato di ricchezza immobiliare ma non siamo capaci di usarla'. Insomma, ce ne ricordiamo solo al momento di fare cassa.
Il fatto è che il governo non è riuscito neanche a riempire il salvadanaio come sperava. Le mancate dismissioni della Scip 2 sono una ferita ancora aperta anche per le imprese. Maurizio Beretta, direttore generale di Confindustria: ´L'insuccesso dell'operazione si è trasformato in un'ulteriore penalizzazione per le imprese che vogliono competere sul mercato'. Per Claudio De Albertis, presidente dell'Ance, l'associazione nazionali dei costruttori edili, questo significa una cosa sola: ´Lo stato non può fare l'operatore immobiliare, siamo stufi delle forme fittizie di privatizzazione e di cartolarizzazione che ci vengono proposte'. Va giù duro, De Albertis, e per il futuro suggerisce: ´Bisogna capire bene cosa è accaduto nel meccanismo per evitare che quanto è successo si ripeta'.
L'errore, dice Leonardo Domenici, presidente dell'Anci, l'associazione nazionale dei comuni italiani e sindaco di Firenze, è stato quello di pensare l'operazione solo in termini di compensazione finanziaria per la finanza pubblica. ´Così', dice Domenici, ´si è finito con l'ottenere meno di quanto previsto'. La riconversione oculata di una parte del patrimonio pubblico, invece, commenta ancora Domenici, ´può rappresentare anche il modo per dare una risposta al problema dell'emergenza abitativa'.
Ma la preoccupazione di costruttori e immobiliaristi è soprattutto quella di mantenere vitale uno dei pochi settori che in Italia è in crescita costante.
Gualtiero Tamburrini, presidente di Assoimmobiliare, chiede al governo ´una politica industriale di settore'. Insomma, quello delle dismissioni è un mercato che fa gola alle società immobiliari, un mercato che lo stato non riesce a valorizzare. Una situazione riassunta bene nelle parole del professor Sabino Cassese: ´Se il patrimonio dello stato rendesse anche solo il 2%, le entrate sarebbero pari a quelle delle licenze Umts (13,8 miliardi di euro, ndr). Ma questo margine viene inesorabilmente rosicchiato dai costi di manutenzione e dalle spese per il debito'.
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