VAL DI SUSA Il business del tunnel PAOLO HUTTER 26/11/2005, Il Manifesto
Si pronuncia come si scrive: Venaus. Pochi conoscono questo paese sotto il Moncenisio, ma da mercoledì prossimo potrebbe diventare notissimo, luogo e teatro di un conflitto politico e di massa senza precedenti nelle vicende delle grandi opere italiane. Il governo e i poteri che sostengono il più costoso e impegnativo dei nuovi progetti, ovvero la seconda linea ferroviaria tra Torino e Lione, salvo fatti nuovi sono disposti a militarizzare la Val di Susa pur di dare seguito alle lettere della Cmc. La grande cooperativa «rossa» Muratori e Cementisti che ha l'appalto della galleria esplorativa e preliminare da realizzare a Venaus, respinta a maggio e a settembre dalla mobilitazione popolare, ha mandato di nuovo le lettere di esproprio, con intimazione a darle via libera a partire dal 30 novembre. Questo non è l'inizio dei lavori dei mega tunnel miliardari previsti nell'ancora vago progetto, ma non è neanche soltanto una delle trivellazioni alle quali la Val di Susa si è ribellata il 31 ottobre. Questo è un appalto di circa 80 milioni per una galleria larga 6 metri e profonda 10 kilometri. Dopo lo sciopero di Susa del 16 novembre si pensava che ci sarebbe stata almeno una pausa di riflessione, una «tregua olimpica». Perché il governo, ma anche la Bresso, la Ltf, i Ds vanno a questa forzatura nei prossimi giorni, pur nell'imminenza delle Olimpiadi invernali? Perché usano come ariete e presunta voce di Bruxelles una politicante di parte quale la aznariana e declassata Loyola De Palacio? Quando sono in ballo - anche se poi bisogna trovarli - finanziamenti pubblici proiettati nel tempo pari a circa 17 miliardi di euro, non è facile pensare che si tratti solo di convinzioni scientifiche e culturali sul futuro del paese. Comunque a quel dibattito non ci si sottrae. Se la Val di Susa e le altre componenti del movimento No Tav opponessero soltanto un rifiuto ai rischi amianto, alla distruzione del paesaggio della piccola Val Cenischia e agli altri danni al paesaggio della Valle forse sarebbero più facili da isolare. Ma mettono in crisi cifre e presupposti del business. Si tratta di un movimento colto e competente, oltre che capace di fare resistenza passiva. E man mano che il braccio di ferro continua e che si comincia a discutere sui giornali e in tv, si estende il dubbio sul presunto interesse strategico di questo triplo Ponte sullo Stretto. Non ci basta sapere da che parte sarebbero stati Alex Langer e Pier Paolo Pasolini, ci tocca confrontarci continuamente anche sui dati di traffico. I poteri sostenitori della Tav con Lione ormai ammettono che l'attuale linea ferroviaria, un po' ammodernata, non si saturerebbe neanche caricandoci sopra tutti gli attuali Tir. Ma vogliono aggravare il debito pubblico del paese sostenendo che una seconda linea al Frejus occorrerà perché dal 2030 si scambieranno ancora più milioni di tonnellate di merci. Che bella prospettiva, che capacità di previsione. L'unica cosa che sappiamo per certo, sul 2030, è che il petrolio non sarà più disponibile come ora. E sappiamo chi guadagnerebbe su questa gigantesca commessa e soprattutto a scapito di chi. E' davvero in ballo il destino del paese. Occorre argomentare con pazienza ma intanto, se nessuno vuole o riesce a fermare la macchina dell'ultimatum di polizia, non si potrà evitare la pacifica rivolta del popolo No Tav. Vi aspettiamo a Venaus.
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