Roma. Museo ebraico. Nuovo look per una storia antica Il Tempo, 22/11/2005
Sarà inaugurato oggi il Museo Ebraico, alle spalle del Tempio Maggiore, con un nuovo look. Lo spazio di 600 metri quadrati, restaurato, offre ai visitatori la possibilità di effettuare un affascinante viaggio nella storia della città grazie alle sue eccezionali collezioni
Seicento metri quadrati, sei sale, vetrine e vetrine di oggetti per il Museo Ebraico che, con vesti rinnovate, nel retro della Sinagoga ha riaperto i battenti dopo un lungo periodo di chiusura al pubblico per racchiudere all'interno delle sezioni nelle quali è suddiviso la storia delle Comunità ebraiche e, in particolare, di quella romana, la più antica d'Europa. Racconti, che potranno essere «ascoltati» attraverso gli oggetti esposti al Museo Ebraico e che arrivano fino al 1938-'39, periodo della promulgazione delle leggi razziali italiane: la deportazione, ad esempio, è spiegata con un filmato di una mezz'ora, corredato dalle ricevute dei «versamenti in oro» rilasciate dagli ebrei. In cambio la promessa, vana, di libertà sul suolo romano e italiano previa donazione di chili e chili di oro. Sparsi tra una sala e l'altra arazzi e, più in generale, stoffe preziose; una tavola imbandita per la cena del venerdì sera, «sacra», che funziona da introduzione al riposo per il sabato e ancora testi, libri di preghiera del Quattrocento tascabili, da poter portare in giro tutto il giorno e ancora «indici», ovvero bacchette in argento o altri materiali preziosi da utilizzare per seguire il filo delle Sacre Scritture. Un museo che, grazie all'uso di pannelli esplicativi appesi alle pareti, intende aprire una finestra di dialogo sulla cultura ebraica: da «judaei a giudei», quindi, come recita una delle sei sezioni della mostra a raccogliere le iscrizioni su marmo che testimoniano il passaggio del termine dal latino, al volgare, all'italiano. Tra le altre curiosità, inoltre, la spiegazione di alcuni termini-chiave ebraici come «kippà», copricapo rotondo che usano per non presentarsi mai a testa nuda davanti al Signore, «pesach», la Pasqua ebraica, «mitzwor», i 613 precetti che gli ebrei sono tenuti ad osservare, «shemà», preghiera che deve essere recitata il mattino, la sera e prima di andare a dormire. Un ghetto che nasconde storie di battesimi forzati di ebrei, venditori di ferro e stoffe, di porte e cancelli chiusi la notte e riaperti solo la mattina dopo, di accuse di trasmissioni di malattie - come la peste - di sacrifici e rituali magici. Testimone la storia, e senza arrivare ai campi di sterminio della Seconda Guerra Mondiale. Si parte dalla distruzione di Gerusalemme del 70 da parte dell'imperatore Tito (testimone l'Arco al Colosseo) e si arriva al 1555, anno di edificazione del ghetto di Roma da parte di Paolo IV (poco meno di un secolo dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna Cattolica, in ebraico Sefard, da cui «sefardita»). Una zona di Roma che, da quel momento in poi, avrebbe «contenuto» gli ebrei in un determinato quartiere della città per evitare che questi ultimi entrassero in contatto con i cristiani. Un ghetto che sarebbe stato distrutto solamente nel 1870, negli anni dell'Unità d'Italia con conseguente emancipazione e pacificazione, quella tra Stato Pontificio e Comunità Ebraiche, che sarebbe avvenuta solamente negli ultimi decenni del Novecento con il Concilio Vaticano II e sancita, in modo particolare, dall'ingresso di Giovanni Paolo II al Tempio Maggiore: la Sinagoga, edificata a ridosso del 1905 (proprio l'anno passato ne è stato celebrato il centenario dall'edificazione) che si affaccia sul Tevere. «La funzione del museo non è solo la gestione e la cura degli oggetti, ma soprattutto lo studio e l'approfondimento, anche tramite la pubblicazione di studi specialistici. Inoltre, grazie al recente interesse e alle ricerche di una commissione interministeriale, c'è la speranza di ritrovare l'antica biblioteca portata via nel 1943», ha commentato il presidente della Comunità Ebraica di Roma Leone Paserman ieri, alla presentazione del Museo Ebraico accanto a Guido Di Veroli, presidente della Fondazione Elio Toaff per il Museo Ebraico, Claudio Strinati, Soprintendente del Polo Museale Romano, della direttrice del Museo Daniela Di Castro, realizzato grazie ai fondi dell' Unione Europea, del Ministero per i Beni Culturali, della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma e dell'azienda Alcatel Italia. Nel tardo pomeriggio di oggi è stata fissata inaugurazione ufficiale alla quale parteciperà anche il Ministro Buttiglione. Info: 06/68400661.
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