Archivi digitali: dalla corsa al futuro il rischio dell'oblio Luca Liverani Avvenire, 22/11/2005
Allarme degli esperti mondiali: la continua proposizione di nuove tecnologie può rendere illeggibili anche dischetti con dati in perfetto stato di conservazione e vanificare il lavoro di anni
Nemmeno gli archivi che usano supporti digitali a lettura laser - dai cd ai dvd - sono eterni. Pur se molto più affidabili e fedeli dei nastri - che si smagnetizzavano - e dei vinili - che si consumavano - hanno bisogno di essere ciclicamente riprodotti. Non solo perché anche i dischetti digitali possono graffiarsi o deteriorarsi. Il problema è che l'industria, proponendo periodicamente nuovi standard per i lettori, potrebbe rendere di fatto illeggibili supporti anche in perfetto stato. Un po' com'è successo per le vecchie cassette analogiche "stereo 8", quelle che si infilavano a metà dentro le autoradio anni 70: ammesso che qualcuno ne abbia ancora qualche esemplare, oggi sarebbe impossibile ascoltarle, pur se in perfetto stato. Semplicemente perché quei lettori non esistono più. L'appello agli archivisti di tutto il mondo parte dal convegno internazionale di tre giorni che si chiude domani a Roma, organizzato da Irtem (Istituto di ricerca per il teatro musicale) e Cflr (Centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro degli Archivi di Stato) e patrocinato dal Ministero per i beni culturali. George Brock-Nannestad del Patent Tactics di Gentofte, in Danimarca, è uno dei maggiori esperti al mondo di conservazione degli archivi sonori. «La grande differenza tra i vecchi supporti analogici e gli attuali digitali - spiega l'esperto - è che nel corso della vita del supporto possono essere fatte copie del suo contenuto perfettamente uguali all'originale. Diversamente che nell'analogico, con la copia digitale non c'è addizione o sottrazione di informazioni». Chiunque abbia copiato una musicassetta o una videocassetta lo sa bene: aumento dei fruscii, immagini meno definite. «Il segnale digitale - dice Brock-Nannestad - è invece riproducibile sempre; con la stessa fedeltà.. Ma va fatto in tempo, perché il supporto non è eterno. Un archivio digitale è come un giardino, va curato continuamente. L'eternità, per i documenti digitalizzati non esiste senza un lavoro continuo». I supporti - sostanzialmente cd, cd-rom e dvd - ormai sono affidabili: «Se non viene danneggiato un cd può durare almeno un secolo. Ma il sistema è supporto più macchina che lo legge. Il cd dura, le macchine no. Si ricorda i film in laser-disc? I lettori non ci sono più. Io ne ho comprato d'occasione uno negli Usa per un dollaro...». Le banche, spiega l'esperto, da tempo "curano" i loro dati grazie a complessi sistemi, i mass Storage System, che lavorano in automatico nel sottosuolo degli istituti: perdere dati significherebbe perdere soldi. Gli archivi culturali hanno gli impiegati che masterizzano manualmente, con maggiori costi di mano d'opera e minore efficienza. Francesco La Camera, esperto di conservazione e restauro dei laboratori dell'Università La Sapienza, ricorda che il primo optical disc è opera nel 1958 dell'americano D.P.Gregg. I primi veri cd arrivano all'inizio degli anni '80. Con problemi di ossidazione dell'alluminio - ora superati - che li rendevano illeggibili dopo un paio di anni. Senza dimenticare gli inchiostri per stampare le etichette che penetravano nel dischetto danneggiandolo. «Il problema degli apparati-lettori è di brevetti - dice La Camera - perché se una macchina non vende, sparisce dal mercato rendendo impossibile la lettura dei relativi supporti. E le industrie non ne rivelano le caratteristiche, vedi il laser disc». Ma la stessa composizione dei dvd non è del tutto nota. Tanto che alcuni archivi, come a Vienna, preferiscono non usarli per lo stoccaggio" di dati.
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