«Giù le mani della politica dagli istituti storici». La denuncia del medievista Girolamo Arnaldi sul nuovo regolamento approvato dal governo Antonio Canori Corriere della Sera, 20 novembre 2005
«Sono forse la persona che più ha insistito per la riforma degli istituti storici, ma ora temo che ne derivi una pesante ingerenza del potere politico nell'attività di questi organismi». Il professor Girolamo Arnaldi, presidente dell'Istituto storico italiano per il Medioevo dal 1982 al 2001, non nasconde la sua preoccupazione per il regolamento approvato dal Consiglio dei ministri il 14 ottobre scorso. «Il testo — spiega Arnaldi — riordina la Giunta centrale per gli studi storici e gli istituti storici, intro-ducendo precise scadenze per le nomine dei loro dirigenti, che finora non avevano termine di mandato. Essi continueranno però ad essere designati dall'alto: del resto è inevitabile per istituzioni prive di base associativa». Come evitare allora che il governo piazzi al vertice studiosi vicini al suo orientamento ideologico? «Il ministro Antonio Martino aveva in precedenza proposto un meccanismo utile a evitare simili rischi. La Giunta o i vari istituti avrebbero dovuto formulare delle rose di tre nomi, nel cui ambito poi il ministro dei Beni culturali avrebbe effettuato le singole scelte. Purtroppo nel testo approvato in ottobre il sistema delle terne è previsto solo per poche cariche, mentre è escluso per le nomine dei direttori d'istituto, le più delicate, che sono quindi lasciate a una totale discrezione ministeriale». Ma c'è di peggio: «L'articolo 9 del regolamento — denuncia Arnaldi —. dispone che tutti coloro che ricoprono cariche nella Giunta e negli istituti decadano alla fine del 2005. Cosi il governo si assicura la possibilità di nominare per intero i nuovi organi direttivi prima delle elezioni. È legittimo il sospetto che il suo obiettivo sia condizionare politicamente gli studi storici, come non è mai avvenuto neppure in epoca fascista». Alcuni però avanzano il dubbio che il sistema degli istituti storici, regolato dalla legge del 1934 che istituì la Giunta centrale, non abbia oggi più molto senso, visto che si è assai ridotto il suo precedente contributo alla formazione dei giovani studiosi. «In realtà — replica Arnaldi — gli istituti svolgono tuttora un ruolo prezioso, ad esempio per quanto riguarda l'edizione delle fonti stori-che nazionali. Chi altro pubblicherebbe mai voluminose raccolte integrali di iscrizioni antiche o di pergamene medievali? Senza contare che gli istituti producono anche monografie specialistiche di valore (penso per esempio a un recente lavoro sugli esuli politici nell'Italia dei secoli XIII e XIV), che non interessano le case editrici commerciali. Di certo il sistema va cambiato, deve diventare una rete, coordinata dalla Giunta centrale, che consenta di utilizzare meglio le risorse. Ma proprio su questo il regolamento governativo è del tutto carente. In compenso contiene contraddizioni che lo renderanno probabilmente inapplicabile, come ha avvertito a suo tempo, senza trovare ascolto, il Consiglio di Stato».
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