In vacanza nella storia. Aumenta il numero di turisti che approfitta delle ferie per dedicarsi all'archeologia Olga Mugnaini Nazione - Carlino Giorno, 20 novembre 2005
METE ALTERNATIVE.
La febbre da Indiana Jones dilaga, cresce ogni anno di più. Al punto che ormai è un vero e proprio business. Un business sempre più vacanziero, che unisce l'interesse scientifico alla voglia di avventura e di mistero. Sono milioni i viaggiatori italiani che ogni anno fanno la valigia mettendo al posto del costume da bagno la mappa dei siti archeologici. Non a caso dal 1998 si organizza in Italia la «Borsa Mediterranea del turismo archeologico», che si conclude oggi a Paestum. Trecento espositori hanno presentato il meglio di quello che l'archeologia offre sotto forma di vacanza; mentre l'Enit (l'ente nazionale per il turismo) ha illustrato l'offerta del «prodotto turistico archeologico del nostro Paese». Già, perché ormai si parla di «prodotto», capace di mettere insieme una fetta che raggiunge il 15 per cento dell'intera torta del turismo. Accanto al viaggio archeologico "classico”, per i veri appassionati si profila la possibilità di partecipare a campagne di scavo, al fianco di studiosi ed équipe di esperti. Basta pagare e avere voglia di stare curvi sotto il sole da mattina a sera a rovistare con le trau, le piccole cazzuole degli addetti ai lavori. Ma la passione è passione e vai bene un po' di sudore. Si parte in qualsiasi periodo dell'anno, estate o inverno a seconda della destinazione prescelta. E soprattutto si può inseguire il mistero della civiltà preferita. Ce n'è per tutti i gusti: si possono calcare le orme degli antichi Egizi, oppure inoltrarsi sulle tracce delle popolazioni precolombiane. Rintracciare le vestigia della Magna Grecia, o avvicinarsi al grande Impero Romano. Per l'Egitto, ad esempio, c'è la possibilità di scavaie niente meno che a Luxor, nelle cosiddetta Tebe Ovest, ossia la zona delle necropoli. Qui, il professor Francesco Tira-dritti di Montepulciano in provincia di Siena, conduce da alcuni anni uno scavo nella «tomba di Harwa». Si tratta del sepolcro di un personaggio enigmatico nella storia dell'Egitto antico, vissuto tra la fine delI'VIII e l'inizio dell'VII secolo, quando la Valle del Nilo era in mano ai faraoni nubiani della XXV dinastia. Se invece si è attratti dai segreti delle civiltà andine, si può volare in Perù, nel deserto di Nazca, un posto a mille e seicento metri d'altitudine diventato famoso per i disegni tracciati sul terreno e visibili solo dall'alto. Centinaia di linee perfettamente allineate che formano enormi disegni geometrici, raffiguranti figure soprattutto di animali, che da sempre alimentano storie e leggende, compresa quella dello sbarco degli extraterrestri. In Perù scava da anni il professor Giuseppe Orefici del Centro studi precolombiani di Brescia, ben contento di reclutare appassionati per l'immenso sito di Cahuachi, la capitale religiosa del popolo Nazca, che il professore studia dal 1998. Le richieste sono talmente tante che anche la rivista «Archeologia Viva», bimestrale edito a Firenze dalla Giunti Editore e diretto da Piero Pruneti, ha ormai un sud calendario di viaggi e scavi, organizzati prevalentemente nella stagione estiva.
|