Non solo castelli e cattedrali ecco la Puglia da salvare ANTONIO DI GIACOMO SABATO 19 NOVEMBRE 2005 LA REPUBBLICA, bari
MEZZO secolo di architetture da sottrarre all'oblio. O meglio, all'illusione che appartengano all'ovvietà del patrimonio urbanistico contemporaneo pugliese. Perché accanto ai capolavori architettonici di tutti i tempi, quelli cioè su cui nessuno si azzarderebbe a discutere — per citare un paio di esempi: dal sistema castellare federiciane alla vertiginosa austerità delle cattedrali romaniche — c'è qualcos'altro che merita tutela. E che forse, per quanto paradossale possa sembrare, domanda innanzitutto un'acquisizione di consapevolezza. La posta in gioco, insomma, coincide con quelli che potremmo definire i gioielli architettonici della strada accanto. Cioè quei manufatti sorti nella seconda metà del Novecento che contrappuntano il disegno urbanistico delle città e del territorio pugliesi e che, guarda caso, fanno parte del nostro abituale quotidiano. «In Puglia, come nel resto d'Italia — spiega l'architetto Alessandro Franchetti Pardo — esiste un patrimonio di opere architettoniche da tutelare, secondo alcuni caratteri che ne fanno realizzazioni di eccellenza. Guardando al caso pugliese, per esempio, dove l'architettura è caratterizzata da un carattere murario e fortemente organico, legato alla matericità e alla pesantezza della pietra, si possono riconoscere realizzazione architettoniche contemporanee basate proprio su questi principi. Opere che ereditano una tradizione culturale consolidata che è propria della Puglia, come delle altre terre del Mediterraneo». Da qui il programma di indagine sul patrimonio di architettura contemporanea in Puglia e Basilicata: a tutti gli effetti un censimento fra città e territorio condotto dall'Icar (dipartimento di Scienze dell'ingegneria civile e dell'architettura) del Politecnico di Bari e condotto da Franchetti Pardo sotto il coordinamento di Giuseppe Strappa.
Durato circa un paio d'anni, il lavoro di ricognizione dell'Icar ha portato all'individuazione e schedatura, fra Puglia e Basilicata, di un centinaio di opere architettoniche riconosciute, a diverso titolo, di rilevanza regionale e nazionale. L'indagine ha catalogato 52 realizzazioni in Puglia (di cui 23 di maggiore importanza e 19 con un impatto limitato al contesto locale). Commissionato dalla Darc (acronimo di Dire-zione generale per l'arte e l'architettura contemporanee del ministero per i Beni culturali), il censi-mento rappresenta così, e non senza sorprese, un punto di partenza per le azioni di conoscenza e salvaguardia di questo patrimonio. Dall'indagine dell'Icar, del resto, accanto a già discussi e riconosciuti esempi architettonici dei giorni nostri — valgano per tutti i casi dello stadio San Nicola a Bari, progettato da Renzo Piano, e della con cattedrale di Taranto, disegnata da Giò Ponti — spuntano fuori imprevisti casi di eccellenza. Come il Cto, il Centro traumatologico ospedaliero del capoluogo di regione, edificato su progetto di Giuseppe Samonà. O ancora, a pochi chilometri da Bari, l'ingresso monumentale del complesso residenziale Bari alto (una realizzazione di Aldo Rossi). Mentre, sconfinando a Sud, verso il Salento, assolutamente esemplare è il tesoro custodito dalla piccola cittadella di Parabita: il suo cimitero monumentale, edificato su progetto di Alessandro Anselmi e Paola Chiatante (tra il 1967 e il 1977). «Senza tema di smentita — assicura Franchetti Pardo — è una delle maggiori opere del dopoguerra a essere state realizzate in Puglia. Un esempio lampante di quanto dicevo poc'anzi, parlando del legame che certa architettura ha saputo mantenere con il carattere murario e organico del paesaggio architettonico del territorio. Non senza, come proprio in questo caso, una ricerca sull'aggiornamento delle tecniche costruttive e, al tempo stesso, un tangibile impegno nel recupero della storia». Se il cimitero monumentale di Parabita versa tutto sommato in discrete condizioni di conservazione, al pari della chiesa del borgo dell'Incoronata (in Capitanata), vi sono casi che chiedono repentini interventi di tutela e recupero. «Penso al Cto di Bari, in avanzato stato di degrado — suggerisce Franchetti Pardo — ma soprattutto al quartiere dell'Ina Casa a Cerignola, costruito nei primi anni Cinquanta da Mario Ridolfi, tra i più grandi architetti italiani del Novecento. Si tratta di un quartiere residenziale per operai e braccianti agricoli che testimonia la profonda ricerca sull'abitazione, oggi spesso negletta, ai tempi ancora realizzata in aderenza ai dettami della tradizione. Basti pensare che i tipi edilizi presenti nel quartiere dell'Ina Casa sono stati il frutto di ricerche effettuate da Ridolfi stesso per il Cnr». Restando in tema di contemporaneità: se le archeologie industriali sono state ormai sdoganate e il dibattito sul loro recupero è all'ordine del giorno, abbastanza in salita è la strada per la salvaguardia del patrimonio architettonico contemporaneo pugliese (e non solo). «Tuttavia, e in maniera del tutto inattesa — dice Franchetti Pardo — sono i cittadini a manifestare il loro spontaneo interesse per la tutela delle opere architettoniche delle proprie città. A Cerignola sta nascendo un'associazione per la salvaguardia del quartiere dell'Ina Casa. Un'esperienza che, è soltanto auspicabile, potrebbe essere gemmata, per via altrettanto spontanea, ma con l'imprescindibile ausilio delle università sotto l'egida del ministero per i Beni e le attività culturali, a Bari per il Cto e altrove per quel moltissimo, che in Puglia e nel resto d'Italia, aspetto solo di essere riscoperto e messo sotto tutela».
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