SAN GIOVANNI LUPATOTO - Il Comitato chiede alla Soprintendenza di vincolare la torre Renzo Gastaldo 20/11/2005, L' Arena
Ma i consiglieri vogliono demolirla San Giovanni Lupatoto. Il partito trasversale, all'interno degli amministratori pubblici lupatotini, di chi ritiene la vecchia torre dell'acquedotto solo un orpello da abbattere quanto prima, non si dichiara ma ha un obiettivo: non impegnare risorse pubbliche per il recupero del vetusto manufatto, anche se è un simbolo per la comunità. Contro questo orientamento, più diffuso di quanto non esplicitamente dichiarato, ha deciso di muovere un passo importante il Comitato Radici, l'associazione che raduna gli storici e i ricercatori di storia lupatotina. Il Comitato Radici chiederà infatti alla Soprintendenza di porre una tutela sulla vecchia torre dell'acquedotto al centro della piazza principale del paese. «In questo modo il manufatto non potrà essere abbattuto e dovrà per forza di cose essere recuperato», dicono l'architetto Martino Perbellini e il professor Roberto Facci, rispettivamente presidente e segretario del Comitato Radici. «Riteniamo infatti, e in questo ci rendiamo interpreti del sentire di una larga parte dei lupatotini, che la torre debba essere oggetto di un attento intervento di restauro per continuare ad essere un simbolo distintivo e identificativo del paese. Sappiamo che alcuni non le riconoscono questo ruolo, ma crediamo che sarebbe un delitto vero e proprio pensare di abbattere la torre o anche solo lasciarla degradare ulteriormente. «Se qualcuno pensa di abbatterla certamente non si tratta di un lupatotino doc, è gente che non ha capito il significato di quell'opera quando si affrancò la popolazione dall'obbligo di prelevare l'acqua dai pozzi delle corti». «La torre non è soltanto un simbolo consolidato del paese, è anche la testimonianza di un pregevole intervento architettonico e progettuale e uno dei primi esempi in provincia di Verona di acquedotto comunale», continua l'architetto Perbellini. La torre è un manufatto in cemento armato realizzato nel corso della prima guerra mondiale. La sua costruzione iniziò nel 1914 per garantire approvvigionamento idrico autonomo e salubre. Il progetto fu predisposto dagli ingegneri Franchini e Stappo. Costo: 78 mila lire. I lavori si conclusero nel 1917. La torre, alta 27 metri, termina con un serbatoio capace di 100 cubi (da anni non più in funzione), sormontato da un chiodo prussiano. I segni di degrado la torre ha cominciato a mostrarli negli anni ’90. Nel 2001, in una giornata di giugno caratterizzata da un forte vento, alcuni calcinacci si staccarono dalle strutture della torre. Da quel momento il manufatto venne transennato e iniziò il dibattito sul recupero. L'assessore ai lavori pubblici Aldo Marcolongo qualche settimana fa in consiglio comunale ha ricordato che l'amministrazione comunale ha commissionato uno studio a un tecnico per capire le reali condizioni statiche della torre. «Sono state effettuate una serie di verifiche con prelievo di campioni sia di calcestruzzo sia dei pezzi di armatura, sottoponendoli a prove in un laboratorio di Verona. Si è constatato che è in atto un notevole avanzamento di carbonatazione delle strutture, che provoca una ossidazione delle armature in ferro e porta a un aumento di volume che tende a fratturare la copertura in calcestruzzo», ha spiegato Marcolongo. «Occorre rimuovere le superfici in calcestruzzo incoerenti o soggette a distacco con bocciardatura e idrodemolizione. Servono inoltre il trattamento del ferro con inibitori di corrosione, il ripristino delle strutture con malte additivate con resine, nonché l'intonacatura e tinteggiatura delle superfici con prodotti che proteggono dalla carbonatazione». Per l'operazione è prevista una spesa di 250 mila euro, che l'amministrazione comunale ha messo in previsione per il 2006. Non senza qualche interrogativo. Che il Comitato Radici vuole superare anche attraverso la Soprintendenza.
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