Gli angeli del fango: a 40 anni dall'alluvione Riccardo Michelucci Avvenire, 15 nov 2005
IL CASO La città di Firenze si prepara con un anno di anticipo alle iniziative per i 40 anni dell'alluvione, invitando tutti i volontari che corsero in aiuto
Oltre tremila giovani nel ’66 giunsero per salvare le opere d’arte: fra essi Joan Baez e Ted Kennedy
Da Firenze
Firenze si prepara con un anno di anticipo alle grandi celebrazioni per il quarantennale dell'alluvione del 4 novembre 1966 che vedranno una serie di iniziative dedicate alla memoria. Quattro decenni dopo il disastroso straripamento dell'Arno sono stati chiamati a raccolta per la prima volta gli "angeli del fango", quei giovani che accorsero da ogni parte del mondo per portare il loro aiuto nel recupero delle straordinarie opere d'arte del capoluogo toscano attaccate dalla furia del fiume. In poche ore tonnellate di acqua, fango e nafta investirono e distrussero decine di migliaia di opere che costituivano un importante frammento del patrimonio culturale mondiale: volumi antichi, codici miniati, affreschi, quadri, statue, pale d'altare, arredi sacri e reperti archeologici. Dalle acque scure e dense dell'Arno uscite violentemente dagli argini furono salvati capolavori del Beato Angelico, di Simone Martini, di Giotto. Le opere più danneggiate, soprattutto le sculture in legno, furono portate nel giardino di Boboli e conservate in un deposito molto umido per evitare che si creasse un irrimediabile effetto onda sulle superfici. Un pool qualificatissimo di esperti di restauro cominciò a lavorare sulle opere meno compromesse sperimentando nuove modalità d'intervento. Furono almeno tremila gli "angeli" che contribuirono a salvare dal fango tesori dell'arte e patrimoni librari, ma anche abitazioni e attività commerciali. Tra loro c'erano anche persone poi divenute celebri, come Ted Kennedy, Lionel Jospin, Joschka Fischer, Joan Baez e Francesco De Gregori. A lanciare l'appello per il raduno - che si svolgerà il 4 novembre 2006 - sono state la Regione Toscana, gli enti locali e alcune associazioni culturali. L'obiettivo è quello di effettuare il più importante censimento di tutti i "ragazzi e le ragazze del '66", una generazione che Firenze tuttora ricorda per la straordinaria dimostrazione di solidarietà e passione civile. L'«operazione memoria» comprende anche un bando lanciato dal Comune di Firenze per raccogliere documenti, foto, ritagli di riviste e giornali d'epoca, filmati amatoriali e testimonianze relative a quei tragici giorni. Un'apposita commissione selezionerà tutto il materiale raccolto entro il 30 giugno prossimo e lo metterà a disposizione di una mostra per il quarantennale che si propone di recuperare la memoria dell'evento attraverso le esperienze personali. Ma le tante mostre e manifestazioni sull'alluvione organizzate in questi trentanove anni hanno talvolta attirato le critiche di chi denuncia un'attenzione concentrata sull'aspetto espositivo e memorialistico a discapito del recupero vero e proprio delle opere danneggiate. In alcuni casi il momento del restauro non arriverà probabilmente mai a causa della mancanza di fondi e dello scarso interesse di istituzioni ed enti privati. «Con gli scarsi finanziamenti a nostra disposizione in questi anni siamo riusciti a restituirne appena una trentina scarsa alle chiese o ai musei dove si trovavano originariamente», spiega Matilde Simari, responsabile della soprintendenza al patrimonio storico-artistico. Per proteggere le opere d'arte contro le alluvioni è stato fatto in modo che non fossero più a portata d'acqua o che siano facilmente proteggibili: l'esempio più famoso è il Crocifisso del Cimabue nella basilica di Santa Croce che adesso può essere alzato tramite una manovella posizionata nel convento. Si calcola che siano almeno 280 i dipinti su tavola e su tela, le sculture, gli arredi sacri, le opere lignee e gli affreschi staccati tuttora in attesa di restauro. Opere in gran parte provenienti da chiese fiorentine come SS. Annunziata, SS. Apostoli, Santa Croce e Sant'Ambrogio e sulle quali l'incuria del tempo in molti casi ha fatto maggiori danni della piena del fiume. Nei giorni scorsi il sovrintendente al polo museale della Toscana Antonio Paolucci ha messo nuovamente il dito nella piaga denunciando lo scarso interesse della città e del Ministero dei beni culturali a recuperare quella parte di patrimonio d'arte che giace da decenni nei depositi della sovrintendenza. Anche Umberto Baldini, che nel 1966 dirigeva il Gabinetto dei restauri della soprintendenza e fu tra le persone maggiormente impegnate per salvare i capolavori di Firenze, si dice rammaricato per tutti i soldi che vengono spesi per mostre ed esposizioni mentre tante opere attendono ancora di essere restaurate. Appena un anno e mezzo fa la maestosa "Ultima cena", una tavola di sei metri per due e sessanta dipinta da Giorgio Vasari per il refettorio della basilica di Santa Croce è stata trasferita all'Opificio delle Pietre dure per iniziare il restauro. Quando l'Arno invase la chiesa l'opera fu divisa in cinque parti e "velinata", cioè coperta con una carta protettiva incollata alla superficie. Ma insieme all'opera fu conservato anche il fango che la ricopriva, un errore che potrebbe averne compromesso il recupero, che sicuramente durerà molti anni. Anche la Biblioteca nazionale, costruita in prossimità dell'Arno, fu investita in pieno dall'alluvione che sommerse quasi un milione di unità bibliografiche sistemate nelle sale dell'edificio. Risultarono gravemente danneggiate tantissime opere moderne, ma soprattutto circa centomila volumi appartenenti alle raccolte storiche della biblioteca, come gran parte dei volumi del fondo Magliabechiano, i grandi formati Palatini e il prezioso fondo delle Miscellanee. Tonnellate di volumi vennero estratte dal fango, trasportate in luoghi sicuri e sottoposte a forme innovative di restauro. Ma sono ancora tanti i libri, le stampe e i codici antichi che attendono di tornare sugli scaffali.
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