La Scala deve restare pubblica Cristina Jucker Il Sole 24 ore 12/11/2005
MILANO ■ La Scala è e deve restare un teatro pubblico, al di là della forma giuridica. È anche un teatro senza debiti, che quest'anno dovrebbe chiudere con un disavanzo di soli 1-1,5 milioni, ma è un teatro cui è legittimo chiedere uno sforzo di ra-zionalizzazione. È la fotografia tracciata ieri dal sovrintendente Stéphane Lissner, che ha indicato il suo progetto per il futuro. E ha preannunciato le dimissioni dal festival di Aix-en-Provence. Perche un teatro pubblico? «Perché questo significa mettere in primo piano l'eccellenza — ha detto Lissner — che solo il pubblico può sostenere. Non dobbiamo cadere nella trappola di chi sostiene che le risorse private possono sostituirsi al pubblico. Per questo dobbiamo fermare la tendenza a ridurre continuamente il Fondo per lo spettacolo». Anche all'estero è così. 144,3 milioni di contributi pubblici ordinali alla Scala nel 2004 si confrontano con i 94,3 milioni dell'Opera National di Parigi(che gestisce due teatri), i 48,5 milioni della Bayerische Staatsoper di Monaco, i 51,5 dell'Opera di Vienna. Solo la Royal Opera House di Londra, ha spiegato Lissner, riceve meno (34,1 milioni, comunque più dei 32 milioni di Fus alla Scala; «ma B la legislazione è molto diversa e i contribuiti privati alle fondazioni sonc completamente defiscalizzati». Certo, dal 2001 a oggi la Scala ha attinto alle proprie risorse quello che veniva tolto dai finanziamenti pubblici (dall'85 il Fus ha perso più del 38% e i contributi di Regione, Provincia e Comune sono passati dai 10,8 milioni del 1998 ai 14,4 del 2004 e ai 9,4 milioni di quest'anno), ma «dire che la situazione economica della Scala è grave è falso» ha sottolineato Lissner. E ha aggiunto: «Con il doppio trasferimento degli anno scorsi qualunque impresa si sarebbe trovata in difficoltà. Ora si torna alla normalità e tutti sappiamo che serve una gestione più rigorosa, che non c'è altra scelta. Lo potremo fare con il ritrovato dialogo tra dirigenti, sindacato e masse. Ma prima di tutto dobbiamo avere un progetto artìstico importante». I dipendenti sono troppi? «Il ministero ci autorizza ad avere 800 persone in organico fisso: oggi i dipendenti fissi sono solo 745, altri 168 sono a termine — spiega Lissner —. Si dice che lavorano poco? A Vienna e a Monaco il sipario si alza 350 volte all'anno, è vero; con il nuovo palcoscenico noi avremo 224 recite, contro le 160 dell'ultima stagione al Piermarini. Ma la differenza è soprattutto tra il teatro di repertorio e il teatro di stagione, che richiede molte più prove». Lissner ha poi sottolineato l'intenzione di rilanciare l'Accademia (dove è in arrivo una nuova direttrice generale), l'importanza dei laboratori dell' Ansaldo («un vero tesoro della Scala») e infine il successo del Museo, che quest'anno ha avuto 220mila visitatori (secondo a Milano dopo il Cenacolo vinciano) e che porta 400mila euro di utili all'anno. Porte aperte, infine, agli altri teatri, italiani e non. In Scala suoneranno, per esempio, il San Carlo di Napoli, l'Orchestra di Santa Cecilia, la Verdi di Milano e l'Orchestra Divan di Daniel Barenboim. E porta aperte a chiunque voglia entrare nel cda della Fondazione: lunedì è convocata l'assemblea. Nel frattempo il ministro Buttiglione ha approvato il nuovo statuto e ha chiesto di inserire nell'emendamento alla Finanziaria la modifica di legge che consentirà di aumentare i consiglieri da sette a nove. Facendo posto alla Provincia.
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