PONTE DI MESSINA: E' cosa nostra http://www.verdi.it/apps/news.php?id=6970
Gli appetiti della mafia sugli appalti e sui possibili lavori per il ponte sullo Stretto. Ne parla il magistrato Caselli. Della mega opera se ne occupa anche Report di Milena Gabanelli La mafia rialza la testa e si appresta ad approfittare di tutte le occasioni più ghiotte per alimentare i suoi affari. Come i lavori per il ponte sullo Stretto, che oltre ad essere sotto stretta osservazione da parte della Commissione europea per i problemi legati all’impatto ambientale, è anche incoerente come progetto dal punto di vista trasportistico, come è emerso durante la puntata di domenica sera sera di Report di Milena Gabanelli.
Nella trasmissione di Rai 3, fortunatamente ancora in prima serata, sono state sentite tante voci, comprese quelle degli amministratori della società Stretto di Messina. Che il ponte rischi di essere una grande cattedrale in un deserto di infrastrutture, stradali e ferroviarie, è stato sottolineato un po’ da tutti, tranne ovviamente che dagli amministratori della società.
La Gabanelli da studio, al termine dell’aggiornamento giornalistico sul ponte, cita un intervento dello scrittore siciliano Alfio Caruso, pubblicato qualche settimana fa sul Corriere della Sera: "Il ponte rappresenta il progresso, benché la Sicilia continui a mancare di acquedotti, di strade, di ferrovie. Ma le chiavi di questo progresso chi le ha? Quale organizzazione è in grado di gestire progetti, investimenti, appalti e subappalti? Quale potere può assicurare la tranquillità dei lavori, la disponibilità del territorio, la spartizione dei costi aggiuntivi, cioè il pizzo? La risposta è universalmente conosciuta: la mafia".
A far riflettere sulle possibili infiltrazioni della mafia contribuisce anche l’intervista a Giancarlo Caselli, ex procuratore capo di Palermo e ora procuratore generale di Torino, concessa a L’Espresso.
Anche il magistrato interviene sul ponte, precisando di non essere a conoscenza diretta di eventuali indagini: “La ‘ndrangheta e Cosa nostra stanno sicuramente facendosi due calcoli su quante fetta di questa enorme torta chiamata Ponte possono intercettare”.
La ricetta di Caselli per sconfiggere la mafia è più articolata. Per il magistrato è necessario ridurre la pletora delle cosiddette stazioni appaltanti, dai comuni alle municipalizzate, dall’Anas alle ferrovie, mandando le forze dell’ordine a controllare i cantieri e colpendo la mafia in ciò che ha di più caro: i patrimoni.
“Tutte le procure del Sud segnalano che appalti e subappalti risentono della forte pressione delle mafie”, dice Caselli che sottolinea come l’infiltrazione avvenga in due modi: “A monte, condizionando le procedure di gara. E a valle quando interviene sulle forniture di calcestruzzo, di ferro e sul noleggio dei macchinari”.
Basta il certificato antimafia per ridurre la presenza nei lavori pubblici delle imprese vicine alla malavita? “Chi lo crede è un’anima bella”, sottolinea Caselli: “Ci saranno sempre un plotone di prestanome incensurati. La mafia si combatte con le indagini e con la prevenzione, non con la burocrazia”.
La mafia sottolinea Caselli, ha ricadute sociali ed economiche gravissime: “Quando vado a parlare ai ragazzi nelle scuole, cito gli ultimi dati del Censis: nelle regioni del meridione la criminalità blocca 180 mila posti di lavoroe 7,5 miliardi di ricchezza”.
E sul fatto che la piovra stia allungando i suoi tentacoli in molte aree del Paese, il procuratore generale di Torino conferma che “da varie indagini risulta un notevole ‘nomadismo’ verso Nord di imprese vicine alla mafia. Sono movimenti recenti sui quali occorre lavorare con grande attenzione”.
Per Caselli il vero tasto su cui battere è quello del sequestro dei beni ai mafiosi: “Devono tornare alla collettività in modo che tutta la popolazione veda che lo Stato è più forte di Cosa nostra. Se nei palazzi dei boss ci si mettono asili, scuole, caserme dei vigili e centri sociali allora sarà possibile sconfiggere Cosa nostra. Ma l’attuale governo ha abolito l’Alto commissario per i beni sequestrati alla mafia e ne ha spostato le competenze all’agenzia per il demanio”.
Redazione 7 novembre 2005
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