Biblioteche, se a rischiare è l'eresia.I tagli alla cultura e la difesa delle «infrastrutture» del sapere di PAOLO FALLAI 31 OTT 2005 CORRIERE DELLA SERA cronaca Roma
È come risparmiare sul costo di una casa abolendo il cemento armato. Sta per succedere alle biblioteche pubbliche romane come conseguenza dei tagli decisi dal governo alle risorse per la cultura. Significa mettere in pericolo una delle -basi della conoscenza, la struttura fondamentale che consente il libero accesso al sapere. E, in fondo, attaccare una delle ultime eresie consentite. La biblioteca pubblica come luogo dove accedere liberamente, e senza pagare denaro, ai libri che la comunità decide di acquistare per tutti è di per sé un concetto eretico. Basterebbe citare, a questo proposito, lo scontro - tuttora vivo ma latente, come una brace dimenticata - sull'opportunità di far pagare una cifra per il prestito bibliotecario. Chi la osteggia si schiera a difesa di una trincea, l'ultima, dove non sia lo scambio di denaro a regolare i rapporti. Chi la sostiene sventola la bandiera del diritto d'autore, dimenticando che quel libro è stato comunque acquistato e quindi la percentuale spettante all'autore regolarmente pagata. E facendo finta di dimenticare che ampliare la base della lettura porta sempre nuovi lettori che di solito poi comprano libri. Ma non è questa l'unica eresia, se guardiamo a cosa sono diventate le nostre biblioteche: a Roma ce ne sono 34 in muratura e una su quattro ruote, il Bibliobus, che viaggia talmente tanto che stanno per comprarne uno nuovo. Parliamo di 700 mila libri per un milione di utenti. Che si fa in questi posti? Si legge, direte voi. Non solo, dicono i bibliotecari. Si parla, ci si incontra, si discute. Gli anziani imparano a navigare su internet, i più giovani imparano a non diffidare delle parole e che non esistono solo suoni e immagini. É il paese delle meraviglie? Proprio no, sono luoghi dove si rinnova tutti i giorni la fatica di stare insieme, sperimentando uno scambio costante. Sono le nuove «piazze». C'è qualcosa di più eretico rispetto a un modello di convivenza che sembra volerci distanti gli uni dagli altri, separati e chiusi in casa, se non per diventare consumatori? A Roma questa eresia emerge anche a livello politico, con una maggioranza di centrosinistra che sulle biblioteche ha scelto di investire con convinzione crescente, e una opposizione, per esempio An, che ha sostenuto e difeso questa impostazione. Il problema è il moltissimo che resta da fare: c'è da vincere la scommessa di una sede degna per la Centrale ragazzi, c'è da inaugurare la nuova biblioteca di Acilia - la prima che viene pensata in una comunità nello stesso momento in cui si progettano nuove abitazioni e nuovi servizi - c'è concludere la ristrutturazione a Marconi, alla Borromeo, all'Orologio. Se mancheranno le risorse sarà un colpo durissimo per Roma: siamo troppo fragili per fare a meno del cemento armato. P.S. Con il prossimo mese di aprile arriverà a scadenza, insieme all'amministrazione, anche la presidenza dell'Istituzione biblioteche guidata da Igino Poggiali. Quelli che non lo conoscono potrebbero definirlo un tecnico: ex presidente dell'Associazione italiana biblioteche, è un esperto stimato in tutto il mondo. Ma è veramente troppo poco per definire una persona competente e appassionata che è riuscita a guadagnarsi U rispetto di tutte le forze politiche senza rinunciare alla propria coerenza. Con i tempi difficili che stiamo vivendo, ci mancherebbe solo che il Comune di Roma se lo lasciasse scappare. Così, oltre al cemento armato, perderemmo anche l'architetto. Francamente non ce lo possiamo permettere.
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