ROMA: L’arte del dopoguerra patrimonio da tutelare di FABIO ISMAN Venerdì 28 Ottobre 2005 , Il Messaggero
ROMA - «Stiamo lavorando già da un paio d’anni; entro il 2009, concluderemo il censimento in tutt’Italia; per ora, abbiamo portato a termine quello di Roma: nella Capitale, abbiamo individuato 92 edifici, o complessi architettonici, costruiti nel dopoguerra e degni di essere conservati e in buona misura tutelati e protetti. In tutt’Italia, fino a oggi, 1.764 complessi, di cui 200 d’eccellenza; alla fine, saranno però svariate migliaia», spiega Pio Baldi, 60 anni, l’architetto che, al ministero per i Beni culturali, dirige il dipartimento per l’Arte contemporanea. Sarà il “volto architettonico” dell’Italia nel secondo dopoguerra, degli anni più recenti, del nostro tempo: gli edifici con più di 50 anni d’età si possono vincolare; quelli più recenti, no. Architetto Baldi, come pensate di poterli difendere? «Con degli “zuccherini” e non con martellate: erogando fondi per il loro restauro, la manutenzione, prevedendo incentivi per chi vorrà prodigarsi in loro favore, anche inserendoli in alcune “liste d’eccellenza”; facendoli conoscere per il valore che è loro intrinseco; dichiarandoli, come stiamo facendo, patrimonio essenziale del nostro Paese». Ci sono realizzazioni d’un po’ tutti i maggiori architetti: dagli scomparsi Giò Ponti e Ludovico Quaroni, allo studio BBPR, a Giancarlo De Carlo che se n’è andato da poco, fino a Renzo Piano, Vittorio Gregotti, Gae Aulenti e Paolo Portoghesi, che invece sono ancora in piena attività. Ai grattacieli (come il Pirelli e la Torre Velasca di Milano) si mescolano le chiese (la co-cattedrale di Taranto, e quella di Riola di Vergata, provincia di Bologna, di Alvar Aalto) e le moschee (quella di Portoghesi); le ville (quella Crespi a Napoli, di Papanowski); le palazzine; gli edifici famosi (La Rinascente di piazza Fiume a Roma); i complessi sportivi come il Palazzo e il Palazzetto dello Sport dei Nervi, a Roma; interi quartieri (il campus scolastico di Pesaro, opera di Carlo Aymonino), gli uffici (quelli della Zanussi a Pordenone, di Gilberto Valle), gli ospedali (quello Cattinara a Trieste, di Semerani-Tamaro-Celli), le case-torre di Mario Ridolfi a Roma, in viale Etiopia, o l’auditorium Paganini che Renzo Piano ha edificato a Parma; c’è anche un cimitero: quello a Parabita in provincia di Lecce, firmato da Alessandro Anselmi. E non mancano la Fondazione Querini di Venezia, di Carlo Scarpa; la sede romana del Banco di Roma, opera di Ludovico Quaroni; lo stabilimento Olivetti a Pozzuoli di Cosenza-Nizzoli-Porcinai. Un censimento così, in Italia, non era mai stato operato: coniuga la rilevanza delle esecuzioni alla loro qualità, al valore storico e artistico degli edifici e di interi complessi; indica a chiunque quello che è considerato il meglio della nostra architettura più recente, delle realizzazioni contemporanee a noi. All’estero, ad esempio in Francia, sono già tutelate e difese, anche segnalate da tempo; ora, anche il nostro Paese colma una sua lacuna, un ritardo che lo caratterizzava
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