Quando i monumenti giocano a nascondino di Silvino Gonzato Giovedì 27 Ottobre 2005 L'Arena
L’ultimo è Castelvecchio «sparito» dietro un gigantesco cartellone pubblicitario
Una mattina al mese una insegnante di scuola media porta i suoi alunni a spasso per Verona. E’ una brava insegnante che ha sempre delle idee innovative e concepisce la didattica in modo dinamico e brioso. L’itinerario della passeggiata è sempre lo stesso, tanto che i ragazzi lo conoscono a memoria, ma ciò non impedisce loro di prestare sempre la massima attenzione a quello che vedono. Anzi, sono talmente concentrati che, di tanto in tanto, prendono appunti su di un notes di pronto impiego che portano appeso al collo con una cordicella colorata. Il comportamento diligente e responsabile è motivato dal fatto che all’indomani di ogni uscita devono svolgere un tema che ha sempre lo stesso titolo: «Quali monumenti cittadini è riuscito stavolta a nascondere l’assessore Pozzerle con i suoi giganteschi cartelloni pubblicitari? Quale palazzo, castello, chiesa o scorcio di panorama ha cancellato dal paesaggio questo mese? Cercate di indovinare i monumenti mancanti e descriveteli secondo il ricordo che ne avete». Indubbiamente uno dei modi per imparare vieppiù a conoscere la propria città è anche questo e ne va dato merito all’assessore Pozzerle cui la brava insegnante, dopo aver corretto i temi, spedisce una cartolina, firmata da tutta la classe, con l’immagine del monumento disperso. L’ultima cartolina, imbucata ieri, è stata quella di Castelvecchio. Della sua assenza si sono accorti 18 alunni su 23 (uno era a casa ammalato). Dei cinque alunni che non hanno svolto correttamente il tema, tre sono extracomunitari appena aggregati alla classe e due sono scusabili perché non avevano partecipato alla prima uscita quando Castelvecchio c’era ancora. Tutti e cinque hanno però notato accanto all’Arco dei Gavi un’enorme rèclame annunciante, secondo loro, l’apertura di un supermercato di scarpe. In realtà l’immenso pannello che azzera settecento anni di storia e su cui campeggiano una scarpa e uno stivaletto, pubblicizza un negozio del centro che esiste già. Un solo alunno dei 23 che si sono accorti della sparizione del castello ha collegato (è figlio di un ingegnere ed è il primo della classe) la scarpa del pannello al nome dell’architetto che nei primi anni Sessanta ne ha diretto i lavori di restauro, Carlo Scarpa, ipotizzando che l’assessore Pozzerle abbia così preso due piccioni con una fava: il piccione del finanziamento che gli permetterà di rimettere a posto merli e camminamenti e quello della riconoscenza nei riguardi di un geniale professionista. Sono ormai parecchi anni che i monumenti di Verona spariscono all’improvviso dietro marche di caffè o di pannoloni per poi comparire, magari con qualche variazione rispetto all’originale, quando ormai ci avevi tirato una croce sopra. Alcuni riappaiono solo parzialmente. Il «nascondino» architettonico è in auge anche in altre città e la differenza sta solo nel genere di pubblicità con cui si incartano i beni culturali. Da noi adesso vanno le scarpe a collo alto e gli stivaletti da palude per acchiappare le anatre riottose al test dell’influenza aviaria. In generale, gli assessori ai lavori pubblici, d’accordo con quelli all’arredo urbano, sembrano aver maturato una nuova concezione del bene culturale che lo vede subalterno alla pubblicità al punto da diventarne occulto supporto. Ed è partendo alla scoperta di questi supporti che una brava insegnante e diligenti alunni cercano di ricostruire il volto di una città nascosta.
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