SICILIA: Antropologia burocratica nei musei della Sicilia MARCELLA CROCE 25/10/2005 La Repubblica, Palermo
Apprendiamo dalla stampa che l'assessorato ai Beni culturali della Regione siciliana ha recentemente effettuato un magnifico «balletto di nomine» tra numerosi suoi alti funzionari. Stavolta si tratta addirittura di una vera e propria contraddanza, che ha sortito risultati del tutto inaspettati. E in molti casi gli interessati sono stati costretti — spesso a propria insaputa— a scambiarsi le poltrone. Peccato che questi incarichi di alta responsabilità, in un campo così delicato come quello dei beni culturali, non possono essere in ogni caso equiparati alle succulente pietanze che i vicini di casa con tanto affetto talora si scambiano nei paesi siciliani. Come si evince dai documenti di protesta firmati da tanti esponenti della cultura siciliana e non solo, i criteri seguiti dalla Regione nel corso di questa sua ennesima operazione di rimpasto, sono misteriosi e non promettono nulla di buono. Nomine a sorpresa alla guida di prestigiose istituzioni mussali regionali non sono affatto una novità: qualche tempo fa è stata nominata alla guida del nuovo Museo di arte contemporanea di Palermo una persona specialista in altro campo. La stessa cosa ora potrebbe accadere al Museo archeologico di Palermo, che per la prima volta nella sua storia sarà diretto — a quanto pare — non da un archeologo ma da un architetto. Dopo tanti abbagli presi per stare appresso allo «sviluppo» industriale, che in molti casi hanno prodotto solo inquinamento e sfregi al paesaggio, dopo tanti sprechi perpetrati per nutrire i propri vizi (vedi articolo di Attilio Bolzoni su Repubblica dello scorso 30 settembre), la Regione siciliana, in una delle sue non infrequenti geniali illuminazioni, dimentica che, al di là della retorica di tante vane parole, congressi e documenti da essa stessa generati, indetti e stilati, i beni culturali rimangono l'unica vera risorsa dell'isola.
Un colpo solo della magica bacchetta di Mamma Regione, e risultano così vanificati gli sforzi di tanti onesti professionisti finiti fra i gangli infernali dei suoi meccanismi burocratici e mortificati sull'altare di una non meglio identificata ragion di Stato, che meglio dovremmo definire, se la frase non risultasse quasi impronunciabile, «ragion di Regione». La meritocrazia in Italia non si sa nemmeno dove stia di casa, non è una novità e non si può neanche dire che sia un male solo siciliano. Negli anni Sessanta l'avvocato Pino Furitano, vecchio amico della mia famiglia, purtroppo scomparso già da molti anni, ricevette un'importante nomina dalla sovrintendenza alle Belle arti di Roma, e uno dei ricordi più belli che ho della mia giovinezza è il periodo che trascorsi dopo la mia licenza liceale nella capitale nel '67, durante il quale, in una serie strepitosa di visite guidate, mi dedicai con passione per la prima volta nella mia vita ad affascinanti peregrinazioni fra i tesori meno conosciuti di musei e gallerie, palazzi e chiese. Incantata ascoltavo e ammiravo tutto quanto e grande fu la mia sorpresa nell'apprendere che la nomina di Furitano alla sovrintendenza non era stata dovuta a una sua competenza, giacché era un puro caso che egli fosse davvero preparato in materia. Tutte le culture celebrano il passaggio da uno stadio della vita al successivo con dei riti particolari. Come potremmo anche vedere con i nostri occhi, addentrandoci negli angoli più riposti del nostro Bel Pianeta, questo è ciò che avviene nelle società cosiddette primitive. Ma non solo: nella nostra cultura, ad esempio, sono i confetti a caratterizzare tutte le cerimonie che marcano l'arco della vita di un individuo. Nella Regione siciliana ognifa-se politica e amministrativa è annunciata da elaborate coreografie (di solito denominate, con sigla indecifrabile ai più, spoil System), solo che, a differenza di quanto accade in Africa, esse non rivestono alcun valore antropologico.
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