PONTE DI MESSINA: Quel Ponte irrealizzabile NICOLA AUGENTI* La Repubblica, Napoli, 19 ottobre 2005
II tema del Ponte sullo Stretto, mirabilmente trattato lunedì da Cesare de Seta, merita qualche conferma di tipo ingegneristico. Poiché si tratta di un'opera faraonica, proposta quale singolare occasione per l'economia del Mezzogiorno, occorre parlare senza reticenze: il Ponte non si costruirà perché, al momento, non è realizzabile.
I motivi sono facilmente comprensibili, per chi abbia conoscenze di ingegneria delle strutture, appena si consideri l'evoluzione subita dai ponti sospesi negli ultimi settant'anni. Nel 1937 fu inaugurato a San Francisco il Golden Gate, con campata centrale da 1280 m e nel 1964 venne realizzato a New York il Verrazzano Narrows Bridge, la cui campata centrale misurava 1298 m; tale lunghezza raggiunse 1410 m nel 1981, in Inghilterra, con L'Humber Bridge. Solamente alla fine del millennio, però, le luci subirono un considerevole incremento. Nel 1998, in Danimarca, venne realizzato L'East Bridge con campata centrale di 1640 m (la più lunga d'Europa), mentre in Giappone fu inaugurato l'Akashi Kaikyo che possiede l'attuale primato di lunghezza nel mondo: 1990 m circa.
In conclusione, l'evoluzione dei ponti ha impiegato 17 anni [dal 1964 al 1981) per fare aumentare le luci di 112 m e ulteriori 17 anni (dal 1981 al 1998) per superarle di altri 580 m: ciò perché un incremento della lunghezza, anche contenuto, comporta problemi esecutivi notevoli, che spesso sono stati risolti da singolari evoluzioni della tecnologia. Per quanto riguarda il Ponte di Messina, è poco credibile che l'opera venga completata entro il 2012. I lavori potranno avere inizio nel 2006 con l'allestimento dei cantieri, gli scavi e le opere di fondazione, ma è da escludere che, nei tempi previsti, venga realizzata la campata centrale sospesa. Ciò in quanto: il ponte stradale più lungo del mondo possiede una campata centrale di 1990 m e la più lunga campata ferroviaria del mondo è di soli 1100 metri (Minami Bisan- Seto realizzato, in Giappone nel 1988); la tecnologia non ha compiuto, negli ultimi anni, progressi tali da consentire un aumento delle luci di oltre il 66 per cento, per quanto riguarda i carichi stradali, e del 200 per cento per quanto attiene le azioni ferroviarie; l'interazione vento-struttura è stata valutata sperimentalmente soltanto in scala ridotta; l'effetto di accelerazioni sismiche differenziate sulle fondazioni delle antenne non è stato studiato su modelli in laboratorio.
La conferma che la costruzione del Ponte va considerata ancora come virtuale è costituita dal fatto che il progetto posto in gara è solamente un preliminare, arrestato a mere ipotesi di fattibilità, con analisi strutturali teoriche eseguite mediante codici di calcolo e contenuti riscontri sperimentali; non risulta siano stati eseguiti studi di dettaglio relativi alla costruzione e al montaggio che rappresentano, al momento, ostacoli difficilmente sormontabili, per una luce unica di 3300 m. Sintomatica, d'altronde, è l'assenza sulla scena dei maggiori costruttori di ponti del mondo. Il rischio per il Mezzogiorno è quello di coltivare illusioni che non porteranno a nulla di utile. Forse saranno spese risorse per progettazioni, movimenti di terra e opere ciclopiche di fondazione, ma giunti alla realizzazione dell'impalcato i lavori si fermeranno, nella migliore delle ipotesi, per molti anni. Rimarranno un po' di opere incompiute, i ricordi di alcuni anni di attività e il rammarico di non aver impiegato utilmente il danaro pubblico per concrete opportunità di sviluppo. La realizzazione del Ponte, perlomeno nei tempi programmati, sembra ben lontana dalla realtà. È mio profondo convincimento che primo dovere dell'Università sia quello di non tacere.
*L'autore è docente di "Teoria e Progetto dei Ponti" presso l'Università Federico II di Napoli
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