TERRITORIO: Se la Natura è devastata da cemento e spazzatura GIOVANNI VALENTINI 26/10/2005, La Repubblica, Bari
Quel muso aerodinamico dell'Eurostar sospeso nel vuoto della campagna pugliese, rischia di diventare un'icona ostile e iniqua della nostra regione, perennemente in bilico tra passato e futuro; un simbolo del contrasto fra le legittime aspirazioni alla modernità di questa terra e i retaggi di un'arretratezza antica che purtroppo è tuttora attuale, drammaticamente attuale e irrisolta.
Ci vorrà tempo e fatica per riparare i danni prodotti dal piccolo "tsunami" che ha colpito la Puglia nell'ultimo week-end, mentre nessuno potrà restituire la vita alle vittime del nubifragio e neppure lenire il dolore delle loro famiglie. Ma ci vorrà ancora più tempo e più fatica per ripristinare l'immagine di una regione che affida al richiamo del turismo, del mare e del paesaggio, gran parte delle proprie aspettative di crescita e di sviluppo. Sarà pure vero che eventi del genere - come ha detto in tono consolatorio il responsabile della Protezione civile, Guido Bertolaso - accadono ogni cento anni. E che, nella notte fra venerdì e sabato, a sud di Bari sono caduti 150 millimetri di pioggia, quanta ne cade normalmente in quattro mesi. Ma è stato lui stesso a denunciare giustamente l'incuria del territorio: cioè la cementificazione selvaggia, l'abusivismo edilizio, la cattiva amministrazione locale e aggiungiamo anche l'inciviltà di tanti cittadini che disseminano le carcasse di automobili in mezzo agli uliveti, ostruiscono i canali di scolo con gli scheletri dei televisori o delle lavatrici, scaricano impune-mente in mare rifiuti di ogni tipo.
C'è sempre una complicità di fatto tra la mano dell'uomo e la forza della natura in queste calamità, fra l'irresponsabilità dei individui e la violenza degli elementi.
Siamo noi che, a furia di inquinare l'atmosferaconleno-stre emissioni nocive, stiamo provocando l'effetto serra, il surriscaldamento del pianeta e quindi il cambiamento radicale del clima, con buona pace di tanti "ecoscettici".
SIAMO noi che disboschiamo le montagne o e colline, favorendo la forza distruttrice delle acque piovane. E siamo ancora noi che cementifichiamo le coste, condoniamo gli abusi edilizi o trasformiamo l'ambiente in una gigantesca pattumiera. Non c'era bisogno di aspettare le teleprediche di Adriano Celentano, per sapere che la colpa di tutto ciò è innanzitutto nostra, dei nostri governi, dei nostri politici e dei nostri amministratori pubblici, quegli stessi che noi eleggiamo in attesa magari di un posto o in cambio di un favore: ben vengano, perciò, le inchieste della magistratura o del ministero, per accertare e sanzionare le responsabilità. Per una terra storicamente assetata come la Puglia, è un crudele paradosso ritrovarsi sommersa dall'acqua che cade dal cielo, ferita a morte da un nubifragio, prostrata da un mezzo diluvio regionale. Eppure, sappiamo da sempre che siamo poveri di risorse idriche e che in un prossimo futuro rischiamo addirittura la desertificazione del territorio. Dobbiamo contendere l'acqua alle regioni vicine, per bere, per irrigare i campi e allevare il bestiame, ma quando piove non siamo capaci di controllarla, di gestirla e di conservarla per l'occorrenza. Più che una maledizione, è una sorta di autopunizione che infliggiamo a noi stessi. Di fronte alle "grandi opere" promesse e vagheggiate dal governo di centrodestra, forse basterebbero in molti casi le "piccole opere" di ordinaria manutenzione, secondo una moderna cultura ambientale: il rispetto della natura, la cura della campagna, la gestione dei rifiuti, la pulizia dei canali. Prima di costruire il Grande Ponte sullo Stretto, non sarebbe meglio allora controllare e consolidare i piccoli ponti sulle strade e sulle linee ferroviarie di tutto il Sud? E prima di lanciare i treni ad "alta velocità" nelle zone più ricche del Paese, non sarebbe utile eliminare quelli a "bassa dignità"-sempre lenti, sempre sporchi, sempre in ritardo -nelle zone più povere e depresse? Non è demagogia meridionalista quella che induce riflessioni così amare all'indomani del diluvio pugliese. E', piuttosto, la convinzione profonda che il Sud può essere una grande opportunità per tutta l'Italia, un serbatoio di energie e di risorse, un nuovo "mercato" da scoprire e valorizzare. Ma per realizzare questo sogno, più di un malinteso "federalismo fiscale" che distribuisce soldi alle regioni politicamente più amiche in un'ottica clientelare, occorre uno spirito di solidarietà nazionale fondato su un modello di sviluppo alternativo, sulla salvaguardia dell'ambiente e sulla giustizia sociale.
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