Arriva la biblioteca globale Aldo Zandi Secolo d'Italia, 25/10/2005
Fino a qualche decennio fa, il vocabolo "rete" evocava l'intreccio di fili, più o meno spessi e a maglie più o meno larghe, usato dai pescatori per intrappolare le loro prede: di qui, il valore negativo attribuito a espressioni come "essere irretiti" o "finire in rete". Poi, il lessico sportivo cominciò ad entrare nell'uso comune, trascinandosi dietro quanto di buono e di cattivo comportava il mandare in rete una palla di varie dimensioni o qualcosa d'altro, come il disco dell'hockey su ghiaccio: un guaio per il tennis o per la pallavolo, un'occasione da festeggiare per il calcio o per la pallanuoto. "Net", allora, indicò il fallo, l'errore, che, ad esempio, rendeva nullo il colpo iniziale nel tennis, mentre "goal", italianizzato in "gol", pur partendo da significati vicini a un "limite da oltrepassare" - e, quindi, in teoria, adattandosi meglio alle "mete" del rugby - si caricò di messaggi confortanti, ovviamente non per la squadra che avrebbe dovuto impedirne la realizzazione. Oggi la fitta rete (o net) di comunicazioni, con o senza fili, che ci permette contatti prima d'ora impensabili, pur guardata talvolta con perplessità, è ritenuta un enorme vantaggio: finire in rete, quindi, pur se implica qualche rischio, richiama in genere una conquista piuttosto che un danno, con buona pace per tutti i pesci cui, dopo la cattura, si spalancano le porte delle cucine o per i "martelli" del volley, che non riescono a mandare la palla in campo avversario. Ora, dunque, è la volta delle biblioteche scolastiche, che, per effetto di un'iniziativa governativa già in atto dalla fine del secolo scorso, saranno, tra breve collegate tra di loro e confluiranno in un grande catalogo nazionale, fruibile da chiunque: poiché la connessione sarà anche con l'esterno, potremmo già affermare che, al posto di un armadietto con pochi libri, ogni alunno disporrà, sia pure virtualmente, di un'immensa biblioteca globale. Risparmiamo agli eventuali lettori la ridda delle sigle e degli acronimi delle istituzioni implicate nell'operazione, così come lo spreco di espressioni inglesi presente in tutti i documenti che la riguardano: forse, basterà sapere che sono coinvolti i ministeri dell'istruzione e quelli dei beni culturali e dell'innovazione tecnologica, insieme all'istituto per il catalogo unico, con tanto di corsi per formare il personale capace di utilizzare e rendere agibile ai ragazzi tale ingente massa di titoli, di autori e di contenuti. È molto incoraggiante riscontrare che, dopo gli anni dell'antinozionismo e del rifiuto anche delle nozioni, a vantaggio delle chiacchiere a vuoto e dei giudizi infondati, si ripercorra la strada dell'informazione e si recuperi il gusto della lettura, purché, però, la svolta tecnologica non faccia dimenticare lo spirito con cui, anche con scarsi mezzi, venivano costituite delle piccole biblioteche scolastiche. Spesso alloggiate in stanzini angusti, con cataloghi di pochi fogli scritti a mano, tali modeste raccolte di volumi erano integrate da donazioni e da prestiti degli stessi alunni, con lo scopo di far circolare la carta stampata e stimolare, insieme alla solidarietà, la ricerca e l'approfondimento, creando le premesse per un minimo di spirito critico. Sotto tale aspetto, anzi, una pur limitata serie di libri, in cui rintracciare ciò che soddisfa la curiosità di ciascuno, per formulare un giudizio motivato, risulta più utile di tante notizie scaricate direttamente dalla rete informatica, con l'ausilio di un buon motore di ricerca: la fatica, in questo caso, può esser direttamente proporzionale alla crescita personale, perché costruisce un criterio di lavoro, anche quando non ottiene grandi risultati. Sta, in fondo, a ciascuno di noi scegliere tra la pioggia di notizie poco meditate e l'abitudine alla critica; oppure - e sarebbe decisamente meglio - non scegliere e godere, invece, delle opportunità offerte dall'innovazione, senza abbandonare i frutti di precedenti conquiste metodologiche.
|