Spielberg e Torri: il rispetto della memoria Angelo Gandolfi 22/10/2005, Il Gazzettino online
I destini si intrecciano ed è con sorpresa che la città di Brno, dove è situata la fortezza dello Spielberg, dopo quasi 180 anni sia accomunata, per vicende simili, a quella di Rovigo: allora per la deportazione dei carbonari polesani che lottavano per conquistare l'indipendenza nazionale; oggi per la volontà dei propri cittadini di custodire il patrimonio culturale e la propria identità storica.
Infatti a Brno, come trasformazione dell'ex carcere, è stato proposto un albergo a 5 stelle, avente camere con vista sulla cella in cui Silvio Pellico resse Piero Maroncelli mentre gli segavano la gamba sinistra dopo mesi di atroci sofferenze; a Rovigo, per quanto riguarda il nostro Castello, una "riqualificazione urbanistica", come elegantemente si chiamano certi interventi, poco rispettosa della storia e della tradizione.
I rodigini sono abituati. Così deve essere stato quando, dopo la demolizione di Santa Giustina (1808), la più antica di Rovigo dopo Santo Stefano, già documentata nel 1195, gli austriaci fecero abbattere Porta Portello (1836), porta Arquà ( 1847) e porta San Giovanni ( 1853).
Così, quando fu demolita porta San Francesco (1892), all'indomani dell'annessione del Veneto al Regno d'Italia, la modernità allora era rappresentata dall'ampliamento delle strade per favorire il passaggio di carri e carrozze (dalla "razionalizzazione dei percorsi" si direbbe oggi). Così fu nel 1938, quando si decise il tombinamento dell'Adigetto per andare incontro al nuovo, al modernismo ed alla voglia di cambiamento del ventennio, stravolgendo in modo irreversibile l'impianto urbanistico della città antica e, a seguire, il continuo e progressivo smantellamento della cinta muraria per favorire l'omogeneizzazione del tessuto edilizio dentro e fuori il perimetro della città fortificata.
Ora rimangono di Rovigo antica le foto dei primi del 1900 e con esse il ricordo di una città che, pur nelle ristrettezze economiche, viveva in un miglior equilibrio con il tempo e con la natura. Rimane forse il rimpianto di quello che avrebbe potuto essere, oggi, la Rovigo che non c'è più. Rimangono le Torri quali simboli di una collettività e orgogliosa testimonianza di un passato da ricordare e valorizzare senza trasformismi, perché chi rinuncia alla propria storia è destinato a non avere un futuro.
Nell'ex Cecoslovacchia l'hanno capito, grazie anche ad un movimento di opinione che ha visto protagonista una piccola associazione culturale di provincia, la Minelliana, in grado, però, di porre un problema universale, quello del rispetto e della memoria in alternativa a quello, più comodo, della disinvolta fruizione e della falsificazione. L'intervento della delegazione rodigina a favore della salvaguardia dello Spielberg come monumento alla lotta per la libertà è stato capito nella sua valenza culturale ed è stato pubblicato sulla stampa locale, nazionale ed estera; per una volta, e grazie alla cultura, la nostra città è uscita dagli "stretti" confini del Polesine.
Perché a Rovigo le stesse proposte rimangono inascoltate e cadono in un silenzio assordante? Non è facile dare risposte oppure facilissimo. Eppure, anche da noi, è una questione di valore storico del monumento, di valori che lo stesso rappresenta, di rispetto della terra dei padri e della propria identità.
Non rimane che concludere con costernazione: meglio ceki che sordi.
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