Al gran blob del libro: va dove ti porta il mercato Maria Serena Palieri L'Unità 22/10/2005
«Ogni film, una volta, era un libro»: è uno tra gli slogan della LVII edizione della Buchmesse. A cosa allude, all'OIiver Twist di Roman Polanski che rinverdisce il romanzo dickensiano? Più in generale al matrimonio, sempre più rodato e pianificato, tra narrativa e grande schermo. Un matrimonio che si è formalizzato qui, negli anni scorsi, con la partnership tra Buchmesse e Festival di Berlino e con la nascita dello spazio apposito, nella appartata ma sempre più strategica «Halle 0», per la trattativa tra produttori cinematografici e televisivi e agenti letterari. Un campo in cui è accreditata come primadonna Su-sanna Lea, l'agente che ha saputo vendere a Spielberg i diritti di un romanzo di Marc Lévy prima che fosse pubblicato. La Buchmesse 2005 certifica che il libro - romanzo, autobiografia, diario - in termini di macrostrategie planetarie è ormai sempre più un anello di una catena che, secondo i punti di vista, viene chiamata «industria dei contenuti» o «industria dell'intrattenimento». Sicché, in una Fiera del Libro, le vere stelle di spicco sono Wim Wenders (regista che s'è fatto ispirare da scrittori come Patricia Highsmith e Dashiell Hammett), che si aggira nella Halle 0, e il disegnatore Albert Uderzo, papà di Asterix, eroe di carta arrivato felicemente sul grande schermo, che qui presenta il suo ultimo album che racconta una Gallia anti-Bush, appena uscito, tra polemiche, in 27 paesi. Mentre il neo-direttore della Fiera, Juergen Boos, annuncia un altro matrimonio, tra Buchmesse e Nurnberg Toy Fair, in nome dell'alleanza tra libro e giocattolo. Se Francoforte, all'occhio dell'osservatore, costituisce un punto di vista privilegiato sul «dove va il mondo», o meglio, dove il mercato porta il mondo, diciamo che il grosso degli investimenti vanno a creare cibo per un'umanità che anela, infantilmente, a divertirsi, a «essere intrattenuta» nel suo tempo libero. Resta però, in retrovia, un'industria che non disdegna i vantaggi dell'intreccio tra media diversi, ma che ha in mente fruitori adulti anziché consumatori. Operazione Narnia. Il 9 dicembre esce negli Stati Uniti il film della Disney ispirato a una saga fantasy, Le cronache di Narnia di C.S.Lewis, che per il pubblico anglosassone è l'equivalente di quello che per noi è Pinocchio. Nello stand Harper Collins è visibile la filiera, chiamiamola pure il blobbone, in cui un romanzo, nel momento in cui diventa film, oggi può trasformarsi: non la semplice gadgeteria di pupazzetti, sticker e zainetti, quella è chiaro che arriverà, ma gli audio-books per bambini e per adulti-bambini, con le voci recitanti di Kenneth Branagh e Lynn Redgrave, Michael York e Jeremy Northam, così come album Narnia per insegnare a leggere ai piccolini. Insomma, usiamo un'espressione vetero, una classica operazione di «colonizzazione dell'immaginario». Pianificata in due lingue, inglese e spagnolo. Con l'avvertenza di Harper Collins - che detiene pur sempre i diritti della trilogia, uscita nel '49 - «leggete il libro prima di andare a vedere il film» (da noi i diritti dell'operazione sono di Mondadori). La serialità, cioè la promessa che il mondo virtuale in cui siamo entrati non ci abbandonerà costringendoci a tornare a quello reale, è un'altra delle caratteristiche di questo tipo di prodotto: Joseph Delaney, ex maestro, inglese del Lancashire, esordisce sempre per Harper Collins con l'annuncio di una serie - per quanto ne sappiamo il primo debuttante che si affaccia con un'intera enciclopedia in mano - il cui primo titolo è The Last Apprentice. Revenge of the witch. Per ora, come qui avviene, per gli agenti c'è solo il primo capitolo. Ma già confezionato - illustrazione fantasy, carata sul grande schermo - come se fosse un film. E c'è chi, di questa idea di produzione, ne fa un'insegna: la britannica Elastic Editorial Concept nasce per riesumare la saga dello scozzese clan MacLachlan e usarla come un elastico, appunto, per scorazzare su e giù per il Medio-Evo con libri che diventano giochi, figurine che diventano album... Ma, quanto la fiction da vedere, anziché da leggere, sia radicata -come da noi ancora non è - nel profondo della cultura di lingua inglese, lo dimostra forse più un'operazione colta: la raccolta di saggi sulla trilogia cinematografica di Matrix che Oxford Ùniversity Press ha commissionato a un pool di filosofi accademici di primo piano. Dan Brown, Soldi che fanno gola. Dopo la Rowlings di Harry Pot-ter, chi è lo scrittore più invidiato del pianeta? Brown, naturalmente. Michael Baigent e Richard Leigh, autori di The holy blood, the holy Graal, romanzo uscito nel 1982, hanno denunciato per plagio l'autore del Codice Da Vinci: la prima udienza si terrà la settimana prossima a Londra. È una polemica tutta in casa: sia Brown che i due querelanti pubblicano con Random House. Brown avrebbe copiato l'ipotesi che Gesù si fosse sposato con la Maddalena per dar vita poi a una serie di società segrete prolungatesi nei millenni. Baigent e Leigh vogliono bloccare il romanzo, ma anche il film con Tom Hanks in uscita l'anno prossimo. Il motivo? Lo dicono chiaro: «Noi abbiamo faticato e Brown ha fatto miliardi». E per restare in tema «blobbone», non smette di figliare l'idea di Brown: Eddison Sadd's edita i tarocchi che l'americana Caitlin Matthews ha creato ispirandosi alle macchine volanti di Leonardo e mettendosi in contatto, spiega - poteva essere diversamente? - con l'anima del suddetto. Mentre vi assicuriamo che arriverà nei prossimi mesi al ruolo di star Maria Maddalena: la vedremo protagonista della mistery novel, il genere che quest'anno, dopo la conspiracy novel. il romanzo complottardo che |