Roma. «Il modello-Auditorium? La cultura senza i debiti» Claudio Marincola Il Messaggero, Roma, 18/10/2005
«Questo luogo è diventato quell'enciclopedia che volevamo fosse, una struttura che cresce come numero di eventi e di spettatori e anche come qualità, un luogo in cui tutte le cose belle possono trovare ospitalità». Elogio dell'Auditorium. Parole che forse sanno di autocelebrazione, ma che il sindaco Veltroni può pronunciare con un certo sollievo: la città della Musica non pesa sull'altra "città", sui cittadini. Ha un bilancio sano, nel giro di tre anni è diventata un modello da imitare. «Sia chiaro, i tagli del governo pesano, e li ritengo di una gravità inaudita - si affretta a chiarire Goffredo Bettini, presidente della Fondazione Musica per Roma - giacché la cultura è una delle risorse fondamentali di questo Paese. È come se i paesi arabi chiudessero i pozzi di petrolio o risparmiassero sulle trivellazioni». Altre Fondazioni nel 2004 hanno denunciato deficit per milioni di euro. L'incidenza degli introiti dei biglietti rappresenta in questi casi appena il 25% delle entrate (lo ha scritto sul Messaggero qualche giorno fa Oscar Giannino) e ora si trovano a fare i conti con una situazione inedita: un governo che non ha intenzione di ripianare i loro "buchi". «Noi non dipendiamo dai flussi governativi - rivendica Bettini - abbiamo diversificato i soggetti che ci sostengono ma soprattutto abbiamo aumentato la nostra capacità di autofinanziamento portandola al 55%, il doppio di altre strutture europee, come, ad esempio, la Cité de la Musique di Parigi. Abbiamo raggiunto con sei anni di anticipo gli obiettivi del nostro business plan. Parliamo di capacità di utilizzo delle sale, affittanza, sponsorizzazioni. E abbiamo esternalizzato tutti i servizi, i nostri dipendenti arrivano a malapena a 30». Auditorium vuol dire musica, certo. Ma soprattutto un grande contenitore di eventi, un modello di prosperità urbana, un centro di economia immateriale. Andrea Mondello, presidente della Camera di commercio di Roma è stato tra i primi a imboccare questa strada. «Ci abbiamo creduto, abbiamo investito 25 milioni di euro, ma non solo nella Fondazione Musica per Roma, anche nella Casa del jazz. E altri ne investiremo nella Festa del Cinema». I ricavi delle vendite dei biglietti hanno raggiunto quota 10 milioni e 700 mila euro, inferiore al contributo del Comune di Roma, 8 milioni e 700 mila euro, pari al 40,30% delle entrate al quale si aggiungono gli 850 mila euro della Provincia (3,94%). Dal gennaio del 2006 anche la Regione Lazio farà la sua parte contribuendo con 2 milioni di euro. Per numero di spettatori paganti, 700 mila, l'Auditorium di Renzo Piano nel 2004 è risultato secondo solo al Burlington memorial di Londra. Ma la forza della gestione sta anche nella capacità di coinvolgimento dei privati. Carlo Fuortes, amministratore delegato di Musica per Roma spiega: «Se pensiamo ai privati come a Mecenati che regalano quattrini a destra e a manca è sbagliato. Noi offriamo biglietti, servizi di quantità e qualità, locazioni, comarketing. In questo modo siamo riusciti ad andare controtendenza: gli spettacoli della Fondazione sono passati nell'arco di un anno da 110 a 160, gli spettatori da 100 mila a 150 mila, i ricavi delle sponsorizzazioni sono aumentati di un milione di euro». Tutto bene? No. Qualcosa che non va c'è. Ad esempio, il Fondo di dotazione è fermo a 20 milioni di euro. Presto verrà portato a 30 ma è ancora poco se l'obbiettivo, come avviene per altre strutture europee, è farne nel tempo la principale risorsa e finanziarsi con gli interessi. E il progetto-Flaminio, la cosiddetta "fase2" volta a integrare l'Auditorium nel quartiere è fermo, bloccato da tempo in Consiglio comunale. Vecchia musica, note stonate da sfumare piano, non troppo lentamente si spera.
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