SCIOPERO MAESTRO C'è Fassino, colpo di scena GIANFRANCO CAPITTA Il Manifesto, 15/10/2005
Gli elicotteri e i cordoni di polizia antisommossa erano lo spettacolo più grandioso e veritiero ieri, alla manifestazione nata spontanea dall'Assemblea dello spettacolo italiano. Forse per la prima volta ognuno ha indossato il suo ruolo giusto, il proprio personaggio. È una svolta storica, anche se conclusasi senza alcun trauma. Forse era dalle Giornate del cinema veneziano del `69 che lo scontro tra chi ha il potere e chi fa spettacolo non si rivelava così netto. La Dc o i governi della Prima repubblica o come si vogliano chiamare, sia detto senza alcun rimpianto, hanno sempre avuto un qualche rigurgito morale o edificatorio o di qualche altro tipo (e forse anche di gusto e formazione culturale) che con tutte le bordate andreottiane contro il neorealismo o la censura bernabeiana in Rai hanno permesso non certo una cultura laica e libertaria, ma almeno pluralista. E d'altra parte anche l'opposizione aveva un peso che le permetteva di poter fare resistenza, se non egemonia, rispetto al diluvio dc. Ora, dopo aver quasi «scherzato» o tirato la cinghia fino al limite della sopravvivenza, lo spettacolo italiano deve battere il muso contro chi il proprio potere lo vuole usare davvero. Certo, non sono tenuti ad avere o gradire cultura e spettacolo né i venditori di Arcore né i ragionieri che resuscitano dai laghi lombardi contro Lochness. A meno che non sia la loro cultura, il loro spettacolo nel senso proprio di roba «fatta in casa», a casa loro. Ovvero tv, cinema che sembri tv, intrattenimenti danzanti che attirino pubblico nel mega Manzoni di famiglia. È l'orizzonte culturale del premier fatto di vari piccoli circenses, anche se di panem non ce n'è più tanto in giro. Un orizzonte di barzellette ed equivoci ben governato dai suoi ministri: Buttiglione che da buon centrista gommoso continua a dire di sì a tutti senza spiegare da che parte sta; il suo predecessore Urbani, di cui restano solo i legami privatissimi col teatro (finiti sulla stampa rosa) e i colpi di machete dati con i sorrisi a 84 denti. E soprattutto Tremonti, il ministro del barometro, che col pallottoliere di Guzzanti svende le spiagge e sega lo spettacolo: con tutti i problemi che ha non deve frequentarlo molto. Chi lo frequenta è invece la signora Calderoli, appena lanciata da Chiambretti come opinionista. Da anni pontifica al ministero su chi finanziare. Su delega di chi? Del marito devoluzionista?
È un bene che lo spettacolo reagisca con durezza a tutto questo: il pubblico starà a casa a vedere solo tv ma gli scenari del Cavaliere vedranno spegnersi quelle lucine di insegne e ribalte che magari a lui fanno tanta allegria. È un bene che se lo spettacolo deve andare in scena, lo faccia non per le elemosine di ministri e sottosegretari. Non per sentirsi furbi di aver raccattato le briciole. Ma perché, tenendoli alla larga dal Cavaliere e dai suoi, possano dimostrare non solo la meraviglia di quello che fanno ma anche i suoi vantaggi e utilità per l'economia nazionale. Un'ultima ombra da dissipare, in questa bella giornata, anche se la sala era piccola e tutti sono rimasti fuori. Come il giorno prima all'Argentina anche al Capranica c'era Fassino in persona, così come i massimi responsabili sindacali nazionali. Ma è una svista, o nessuno dei candidati alle primarie contempla nei propri orizzonti la parola cultura? Poi non ci si può lamentare che dilaghi solo quella «bulgara» del Cavaliere.
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