"L'ho già detto al governo: è una condanna a morte" Paolo d'Agostini la Repubblica 14-OTT-2005
ROMA — II Fus è una voce minima del bilancio. Ma ha un valore simbolico: l'immagine è quella di un governo che penalizza la cultura. Lei, ministro, come risponde? «Bisogna smetterla con la demagogia. Esistono sprechi e privilegi che richiedono una ristrutturazione severa. I soldi del contribuente, che sono anche quelli della povera gente, vanno gestiti con intelligenza e non per alimentare compensi spropositati. Detto questo i tagli sono inaccettabili, il settore è stato già tagliato e tagli ulteriori lo condannano a morte. È quanto ho detto al governo. Ma non sarei così drastico nel dire che la cultura viene penalizzata da questo governo. Molti politici pensano che sia voluttuaria. Ma la cultura è un corpo vivo. Sono grato a chi lo capisce e meno a chi la butta in politica: perché finanziarla, se è di parte? La cultura non è di parte, appartiene a tutti». Allora è arbitrario sospettare sullo sfondo una scelta politica contraria alla cultura sostenuta dallo Stato e favorevole al profitto? «È una sciocchezza. Dobbiamo muovere verso l'apertura al privato, agli sponsor. Ma lo Stato non può lavarsene le mani. Non bastano le risorse dello Stato ma le altre non devono essere sostitutive. Ai sostenitori di una cultura liberista ricordo: non è che schiocchi le dita e i privati ti fanno il MoMa. Modelli che richiedono un sistema fiscale che li sostenga. In Italia, dove lo Stato preleva tanto, none immaginabile. Io non sono liberista in questa materia». Altre realtà attribuiscono un valore maggiore alla cultura. «Altri sistemi hanno i loro pregi e i loro difetti. Si dice la Francia. Il cuore del loro finanziamento del cinema è la "tassa scopo", fondo alimentato da un prelievo su ogni tipo di passaggio, dalla sala a Internet. Sottrae il cinema alle contingenze e non lo lascia in balia di interventi erratici. Ma da noi pochi sono stati disposti ad applicarlo».
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