Il carcere di Pellico si trasforma in hotel a 5 stelle di GIOVANNI LUGARESI Giovedì, 13 Ottobre 2005 Il Gazzettino (Venezia)
Suscita polemiche e proteste il progetto sulla fortezza dello Spielberg, che "ospitò" anche il fior fiore della Carboneria Polesana
Non fosse stato per il famoso libro di Silvio Pellico "Le mie prigioni", che a dire dei vecchi insegnanti aveva fatto più male all'Austria di una guerra perduta, forse la fortezza dello Spielberg non avrebbe avuto la notorietà che (soprattutto) noi italiani gli attribuiamo. L'antica fortezza era servita, fra il 1789 e il 1854, agli Asburgo come carcere di stato nel quale erano rinchiusi soprattutto detenuti politici, ed ecco, quindi, il motivo della presenza di questo edificio nel libro dello scrittore e patriota Pellico, che in quel carcere vicino a Brno (in Moravia), oggi appartenente alla Repubblica Ceca, trascorse otto dei quindici anni di dura reclusione ai quali era stato condannato nel 1822 perché coinvolto nelle cospirazioni della Carboneria.
Generazioni di italiani hanno letto quel libro e si sono commossi sia per le vicende personali dell'autore, sia per le sue testimonianze: Maroncelli che dona una rosa al cerusico che gli ha amputato la gamba malata come segno di riconoscenza per averlo liberato da un tale peso (e «quegli prese la rosa e pianse»)... Dal 1855 la fortezza dello Spielberg aveva cessato la sua funzione di prigione di stato per essere adibita a caserma e dal 1925, per iniziativa della Società Dante Alighieri, aveva ospitato il Museo dei Patrioti Italiani. Un edificio storico ricco di memorie, sacro alla nostra storia patria, dunque, e meta di visite di turisti, non soltanto, italiani.
Se non che.. Ecco una notizia, sul far dell'estate scorsa, a sorprendere, a scombussolare tanti italiani e studiosi cultori di memorie del Risorgimento. La notizia, diffusa dai giornali il 7 giugno, avvertiva che il Comune di Brno era intenzionato a trasformare la fortezza in un albergo di lusso - nientemeno - infischiandosene, evidentemente, non diciamo dei sentimenti di tanti, ma della Storia tout court.
Una notizia del genere non poteva non sorprendere e indignare, in oltre alcune componenti della cultura veneta e polesana in particolare, soprattutto nella persona del professor Mario Cavriani, presidente della Associazione culturale Minelliana di Rovigo, meritoria per la rivalutazione, la salvaguardia e la divulgazione del patrimonio storico, artistico, architettonico e ambientale del Polesine.
Il perché di questa indignazione, e quindi di una azione tempestiva, da parte del sodalizio rodigino, lo spiega lo stesso Cavriani.
Allo Spielberg, con Pellico, Maroncelli, e altri patrioti del Lombardo-Veneto, c'era il fior fiore della Carboneria Polesana, appunto: «Furono sei i polesani, e furono anche i primi detenuti che entrarono nel 1822 nelle prigioni austro-ungariche di Brno. Ben tre erano originari di Fratta Polesine: Antonio Villa, possidente trentaquattrenne, condannato a venti anni di detenzione che morì in carcere nel 1827; Antonio Fortunato Oroboni, possidente, condannato a quindici anni, morto pure in carcere, nel 1823; Marco Fortini, sacerdote ventiduenne, condannato a quindici anni, graziato nel 1826. Gli altri furono: Costantino Munari di Calto, giureconsulto, di anni 52, condannato a vent'anni di carcere duro, che uscì nel 1835; Felice Foresti, originario di Conselice, ma pretore a Crespino, trentaduenne, condannato a vent'anni, uscito nel 1835; Giovanni Bachiega, originario di Gambarare, ma domiciliato a Crespino, scrittore presso quella Pretura, trentaduenne, condannato a quindici anni, rimesso in libertà nel 1835».
I più noti, sottolinea Cavriani, erano Foresti, che aveva diffuso, importandola da Ferrara, la Carboneria nel Polesine e nel Veneto, e Costantino Munari, autore della "Costituzione Latina", il testo fondamentale nel quale sono enunciati i fini politici e unitari della Carboneria. Accanto a questi, lo Spielberg vide ristretti altri carbonari famosi, e oltre ai citati Pellico e Maroncelli: il conte Federico Confalonieri, il marchese Guido Pallavicini, e successivamente, i patrioti della "Giovane Italia" (1833-1846).
Insomma, la notizia di un progettato albergo di lusso allo Spielberg aveva motivo di suscitare reazioni.
«La reazione immediata era stata mista di stupore, sdegno, incredulità - sottolinea Cavriani - soprattutto per l'insensibilità dimostrata dagli amministratori di Brno, nei confronti di un "monumento" diventato nella memoria collettiva quasi un "luogo sacro", al punto che noi nel 2003 avevamo dedicato alle tematiche della nascita della nazione, e della Carboneria coi suoi intrecci veneti e internazionali un grande convegno di studio».
Oltre alle reazioni in Polesine, c'era stata anche una avversione dimostrata dal personale del Museo Spielberg che, ricorda Cavriani, «aveva apertamente preso posizione, con la raccolta firme contro questo progetto commerciale. Ma per quel che mi riguardava, bisognava avere notizie più precise e certe. Presi immediati contatti sia con la Società Dante Alighieri di Roma attraverso il segretario generale Masi, per accertare se le convenzioni a suo tempo sottoscritte a proposito del Museo fossero ancora vigenti dopo il passaggio di Brno alla Repubblica Ceca, sia con la Direzione dell'Istituto di Storia del Risorgimento Italiano, nella persona del presidente Talamo, invitandoli a prendere posizione contro il progetto».
Agli scambi di corrispondenza e alle telefonate, è seguita poi una "ricognizione" sul posto da parte di una delegazione rodigina guidata dallo stesso Cavriani e composta dal dottor Luigi Contegiacomo, direttore dell'Archivio di Stato della città e presidente dell'Associazione Nazionale Archivistica Italiana, dallo storico ferrarese professor Davide Mantovani e dal dottor Guido Zago, esperto di Storia Morava e risorgimentale, di Adria. I risultati di quell'incontro in terra ceca?
«Il primo colloquio - racconta Cavriani - è avvenuto col direttore dello Spielberg Pavel Ciprian e i suoi collaboratori. Abbiamo parlato per circa due ore e tre sono stati i punti della discussione.
Primo: la veridicità della messa in opera del progetto "alberghiero". Secondo il nostro interlocutore, il problema era sorto dopo un sopralluogo degli amministratori comunali di Brno alla fortezza dello Spielberg, da tempo sottoposta a una radicale opera di recupero e di restauro. Da quel momento, era stata avvertita la necessità di incrementare il numero dei visitatori (attualmente 120mila all'anno) in considerazione degli alti costi dovuti alla gestione del complesso museale dove sono state attivate nuove sezioni: le carceri dei delinquenti comuni "Casematte", il Museo dei patrioti europei ambientato nelle celle che furono dei prigionieri politici (luogo adibito, fino al 1880, a Museo dei Patrioti Italiani); la storia della fortezza; la storia della città di Brno; le sezioni architettura, di arte moderna; sale espositive per mostre di arte contemporanea e di carattere storico. «Perciò, l'amministrazione comunale aveva affidato ad una ditta spagnola specializzata il compito di rivedere l'intero progetto con la prospettiva di destinate ad albergo di lusso probabilmente la parte della fortezza attualmente adibita a deposito. Il secondo argomento discusso ha riguardato la sorte del Museo dei Patrioti Italiani e la validità odierna delle convenzioni firmate tra lo Stato Italiano e quello cecoslovacco (oggi della Repubblica Ceca)»...
Ma quale è stata la sorte del "nostro" Museo patriottico? Secondo quanto riferito dal Ciprian a Cavriani e agli altri della delegazione, l'utilizzo museale dello Spielberg aveva subito una interruzione durante la seconda guerra mondiale, fino al 1948, e nel dopoguerra, «i cimeli dei carbonari, specialmente quelli donati dai privati che si trovavano nel Museo dei Patrioti Italiani, erano stati trasferiti all'Archivio di Stato di Praga».
Un altro incontro è stato con Pavel Balcarek, responsabile dell'Archivio Regionale Moravo di Brno e presidente della Associazione Amici dell'Italia. «E anche con lui sono stati confermati i timori per la ventilata trasformazione (in albergo) della fortezza. Una soddisfazione è però derivata dalla scoperta in quell'archivio di ben 2.878 documenti relativi ai nostri Carbonari, per circa 12.200 carte, dotati di inventario analitico in tedesco e in ceco, di cui esiste trascrizione integrale con la traduzione in italiano di estremo interesse storico e quasi del tutto sconosciuti ai nostri studiosi». Anche i due interlocutori cechi hanno apprezzato il fatto che in Italia qualcosa si muova per impedire che «il destino dello Spielberg "degeneri", e nutrendo grandi speranze per quanto potremo fare a tutela di questo importante monumento, simbolo, ancora oggi, della lotta per la libertà dell'Europa intera».
La visita della delegazione italiana è stata adeguatamente registrata dalla stampa locale e successivamente è stato attuato un collegamento in diretta televisiva, da Brno, col direttore dell'Archivio di Stato di Rovigo, Contegiacomo, nel corso di una trasmissione sul "Caso Spielberg".
Insomma, la paventata "trasformazione" della fortezza in albergo è ancora a livello di progetto; la contrarietà all'operazione non è soltanto italiana, ma anche di studiosi e responsabili culturali cechi. Un passo in avanti in senso positivo, forse, lo si potrà avere a Fratta Polesine durante le "Tre Giornate della Carboneria", che saranno inaugurate l'11 novembre con una tavola rotonda dal suggestivo titolo: "Silvio Pellico e i Carbonari della Fratta nelle prigioni dello Spielberg", appunto!
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