Ambiente, il governo vara la controriforma EDO RONCHI 13/10/2005, L'Unità
Le cinque bozze di decreti legislativi, presentate il 12 settembre dal Ministero dell'ambiente, che dovrebbero attuare la legge delega sulla normativa ambientale, rispondono più ad un manifesto ideologico che ad un concreto disegno riformatore.
All' insegna «la legislazione ambientale è tutta sbagliata, è tutta da rifare» e «l'Europa produce solo burocrazia», l'attuale governo ha prodotto una controriforma che complica la normativa e la sua applicazione più che semplificarla, che apre nuovi contenziosi con l'Unione europea, con norme ad alto rischio di essere dichiarate inapplicabili, che produrrebbero un quadro di incertezza e un abbassamento dei livelli di tutela dell'ambiente, facendoci arretrare anche in qualità e credibilità, e quindi anche in competitività sui mercati,dove sono ormai numerosi i Paesi e le imprese che fanno della qualità ambientale un fattore primario dei loro successi anche commerciali.
Questi testi sono stati elaborati da un piccolo gruppo che ha sentito solo gli «amici», non ha cercato alcun confronto, necessario in casi come questi, anche nella fase elaborativa, con la Commissione europea, e non ha avuto alcun reale confronto con Regioni,Province e Comuni, che hanno ufficialmente protestato. Dopo aver allontanato molte buone risorse tecniche dal Ministero con una vera purga, le destre hanno depresso perfino quelle rimaste, ricorrendo ad una Commissione di esterni, fra l'altro poco e male coinvolti nell'effettiva stesura: il parere finale è stato richiesto per posta elettronica.
Questo colpo di coda di fine legislatura non va sottovalutato: se questa controriforma dovesse passare, condizionerebbe in maniera rilevante anche l'avvio della prossima legislatura, impedendo di usare utilmente tempo prezioso per avviare riforme ambientali urgenti , quelle vere e utili al Paese, impegnando invece il nuovo Parlamento in defatiganti cancellazioni e correzioni.
In queste bozze non c'è solo una estesa disapplicazione delle direttive europee, ma la ricerca esibita dello scontro con l'Europa. In materia di gestione dei rifiuti, per esempio, vi sono nodi ormai chiari, sui quali vi sono ripetuti pronunciamenti della Corte di Giustizia europea, per i quali l'Italia è stata oggetto di procedure d'infrazione e che in questi testi vengono riproposti.
Il tentativo, per esempio, di sottrarre dal regime di gestione , fissato in sede comunitaria, intere categorie di rifiuti,con cavilli interpretativi e definizione bocciate dieci anni fa, come quella di «materie prime secondarie».
Sul danno ambientale viene proposta una riduttiva visione casalinga che omette di recepire interi allegati della corrispondente direttiva europea. In materia di acque e suolo si viola palesemente un contenuto chiave della direttiva quadro, la gestione integrata degli aspetti quantitativi e qualitativi delle acque, proponendo un quadro confuso di autorità competenti e di piani di gestione diversi e non integrati.
In materia di inquinamento dell'aria, con una delega per un testo unico, si dimentica completamente il Protocollo di Kyoto, e la direttiva che regola i tetti di emissione di vasti e importanti settori, viene ignorata quella sulla qualità dell' aria che investe un problema cruciale delle nostre città: l'inquinamento da traffico.
Nei rapporti con Regioni, Province e Comuni c'è un approccio fortemente centralista. L'elenco delle compressioni e delle ingerenze è talmente lungo da suonare come una specie di commissariamento generalizzato. Per fare solo alcuni esempi: la programmazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti diventerebbe derogabile con un programma nazionale di impianti definiti strategici; la titolarità delle azioni per danno ambientale è solo del Ministero che può delegare i Prefetti; sulle acque e sui rifiuti vengono proposte due nuove autorità di vigilanza con poteri di intervento penetranti nei confronti delle competenze di Regioni ed Enti locali; le Regioni non potrebbero più migliorare gli standard ambientali, rispetto alla normativa nazionale, come per giurisprudenza costituzionale possono fare da molti anni, se non con una preventiva intesa col Ministero; l'autorità dei bacini idrografici più importanti non sarebbe più un organo della collaborazione fra Stato e Regioni, ma un organo del Ministero dell'ambiente, definito e regolato con suo decreto. Da riforme, promosse da un Ministero al quale la legge affida la tutela dell'ambiente e del territorio, ci dovremmo aspettare miglioramenti e progressi ambientali. Per quanti sforzi si facciano, leggendo questi testi, non si riesce a trovare norme che, rispetto a quelle vigenti, producano miglioramenti dell' ambiente. Mentre sono numerosi gli interventi che lo peggiorano. Confondere la raccolta differenziata dei rifiuti con materiali selezionati a valle ,dal rifiuto raccolto tal quale,da destinare non solo al riciclo, ma anche all'incenerimento, scoraggia i cittadini, porta a materiali di bassa qualità, non è coerente con la priorità ambientale del riciclo. Considerare negli scarichi liquidi solo le concentrazioni di inquinanti, e non le quantità totali, favorisce le diluizioni, ottenuta a volte mettendo insieme più scarichi,e peggiora la qualità dei corpi idrici recettori. Gli standard di qualità delle acque vengono talmente peggiorati, rispetto a quelli vigenti, fino a mille volte, da indurre il sospetto che si tratti di errori tecnici della bozza al nostro esame! Rinunciare in partenza a decontaminare un sito inquinato, ricorrendo solo ad una sua messa in sicurezza con un'analisi di rischio,non è certo il modo migliore per bonificare terreni inquinati, anche quando si può fare di meglio. Dare lo stesso tempo, ristretto, per valutare gli impatti ambientali di una grande opera, con rilevanti potenziali impatti, e di una piccola opera, non solo non è ragionevole, ma svuota di significato, e di partecipazione, tale valutazione. È giusto alleggerire le sanzioni per le violazioni formali, quando non sono realmente incidenti sulla qualità dell'ambiente; ma alleggerirle tutte, non aggravarne nessuna, premia i comportamenti dannosi per l'ambiente e penalizza quelli corretti. È giusto promuovere le semplificazioni possibili, ma se si alimenta l'idea che la norma ambientale più semplice è quella che non c'è, o è aggirabile, non si semplifica ,si moltiplicano i conflitti: con l'ambiente, con i cittadini, con l'Europa, con gli Enti locali e le Regioni, con la certezza del diritto e dei doveri. Già visto: non è il caso di riproporre scenari del genere, le difficoltà che il Paese deve affrontare sono già sufficienti!
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