Isola d’Elba, riemerge il tesoro del Polluce ROSA PALOMBA 11/10/2005 Il Mattino (Nazionale)
Livorno. Ce ne sono di più ricchi, ma quello che sta per rivedere la luce è certamente tra i più ambiti: non soltanto perché i suoi scrigni potrebbero contenere anche preziosi atti storico-diplomatici, ma anche perché sarebbe l’unica ricchezza in fondo al mar Mediterraneo. Il mitico tesoro del piroscafo Polluce, affondato nel 1841 al largo dell’Isola d’Elba, sarebbe composto da 100mila monete d’oro e 70mila in argento, e da una leggendaria carrozza d’oro appartenente al re Ferdinando IV: è questo quello che da giovedì i lavori di recupero potrebbero portare a galla. Un autentica miniera di reperti che una volta restaurati verranno poi esposti in mostre itineranti. Il relitto del Polluce è l’unico tesoro sottomarino ritrovato in acque nazionali e per recuperarlo i sommozzatori dell’Hdsi, l’azienda privata a cui sono stati affidati i lavori, si immergeranno a una profondità finora mai raggiunta in Italia per nessun recupero archeologico subacqueo. L’intera operazione verrà ripresa dalle telecamere di una casa di produzione specializzata in filmati e documentari subacquei, la Capmar Studios di Roma, che realizzerà un documentario sull’intera storia del piroscafo, già ricostruita nel libro tra poco in uscita, Operazione Polluce-l’Oro dell’Elba. Una storia, quella del Polluce, iniziata 164 anni fa, esattamente la notte del 17 giugno 1841, quando il piroscafo a ruote della compagnia De Luchi Rubattino, a causa di un abbordaggio con il vapore della compagnia di navigazione napoletana Mongibello, affonda a cinque miglia da Longone, a Porto Azzurro, a soli due mesi dalla sua entrata in servizio. A settembre dello stesso anno si tenta il primo recupero del relitto, ma invano. Da allora nessuno ha più tentato di recuperarlo e il Polluce è stato oggetto solo dell’attenzione di predoni e avventurieri. A febbraio del 2000, per esempio, il piroscafo «addormentato» in fondo al mare venne assaltato da un gruppo italo-inglese che doveva recuperare dell’alluminio nelle stive di un mercantile britannico affondato nei primi del Novecento. Gli avventurieri riuscirono a portar via poco più di due mila monete e una collezione di gioielli, subito confiscati dai carabinieri Nucleo tutela patrimonio culturale. Da allora più nulla, fino all’8 agosto 2005, quando la Soprintendenza archeologica della Toscana ha firmato un contratto di sponsorizzazione con la Hdsi di Marina di Ravenna a cui ha affidato i lavori di recupero subacqueo, che verranno eseguiti dalla Marine consulting diving contractors di Mezzano di Ravenna, con un impianto d’alto fondale e una squadra di operatori tecnici subacquei in saturazione. Il relitto del Polluce, hanno sottolineato Pamela Gambogi della soprintendenza archeologica della Toscana e Claudio Moccheggiani Carpano, direttore della sezione tecnica per l’archeologia subacquea del ministero per i Beni culturali, è l’unico tesoro sottomarino trovato fino a oggi in acque nazionali e tutte le operazioni, della durata di una decina di giorni, saranno effettuate secondo la tecnica usata nella ricerca sottomarina delle scatole nere nei disastri aerei. Due squadre di sommozzatori (quattro uomini in tutto) opereranno infatti per tutta la durata dell’operazione a una profondità di 103 metri con la tecnica della saturazione. Complessivamente però la ricerca vedrà impiegate una trentina di persone che opereranno a bordo di un pontone ancorato sopra il relitto. La soprintendenza, con un contratto firmato l’8 agosto, ha affidato a The historical diving society Italia (Hdsi) di Marina di Ravenna, il recupero dei materiali preziosi e il lavoro vero e proprio sarà effettuato dalla Marine consulting diving contractors di Mezzano (Ravenna). Come supporto è stato inviato in zona dalla marina militare il cacciamine Numana che ha compiuto le operazioni necessarie per il posizionamento del relitto. Il costo dell’intervento, interamente a carico di privati, è di circa 500mila euro.
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