Segre: servono manager e idee Tornati non è tempo di mecenati Stefano Bensa Corriere del Veneto, 9 ottobre 2005
VENEZIA — «Non possiamo essere sponsor della cultura, né assumere il ruolo dì finanziatori unici di teatri e beni monumentali. Per gestire con profitto teatri e musei esiste una soluzione: ingaggiare manager culturali. Dirigenti formati nel settore, in grado di ottimizzare spese e introiti per riequilibrare i conti. Peccato che l'Italia non ne abbia più di quindici, mentre ne servirebbero almeno centocin-quanta». Se non è business, insomma, poco ci manca. Giuliano Segre, presidente della Fondazione di Venezia, non apprezza granché l'invito rivolto alle fondazioni dal ministro Rocco Buttiglione. Anche perché, a suo giudizio, in Italia non sarà facile sgretolare un apparato complesso e organizzato secondo cri-teri molto poco affini con la gestione manageriale adottata con successo all'estero, specie in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. In sostanza, il mecenatismo nudo e crudo non sta in piedi. O almeno non più. «Per quanto ci riguarda - spiega Segre - abbiamo creato joint venture con altri soggetti o avviato partecipazioni nel capitale di società, come nel caso delle edizioni Allemandi, fra le principali editrici di pubblicazioni culturali. Abbiamo contribuito, inoltre, alla raccolta delle preziose collezioni della Cassa di Risparmio di Vicenza che provvede-remo a catalogare per restituirla alla visione collettiva. Senza contare la Fenice, alla quale eroghiamo un milione di euro l'anno». Un aiuto, non un'adozione. E neppure quello, se i bilanci non permettono margini di manovra. Perché secondo Andrea Tomat, proprietario della Lotto nonché presidente di Unindustria Treviso e della Fondazione Nord Est, la misura è colma. «E' giunta di arginare ogni sorta di spreco e di ridurre le spese. Anche a costo di rinunciare a uno spettacolo o ad una manifestazione culturale». Tomat, in pratica, non concede margini di manovra a Buttiglionene né tanto meno ai Comuni a caccia di sponsor e sostegni privati. «E' doloroso ammetterlo adesso - osserva l'imprenditore - ma non possiamo continuare a ballare sulla tolda del Titanio. Le imprese non possono assumersi l'onere di sostenere la cultura. Le nostre priorità sono altre: l'innovazione, la ricerca, lo sviluppo di nuovi mercati e la competitività. Non possiamo più sostenere il mecenatismo spinto, tanto meno se esso va a discapito degli investimenti». E il Campiello, il premio letterario sponsorizzato dagli industriali del Veneto? «Quello è un caso, uno dei pochi. Mi dispiace, ma non possiamo sostituirci alla pubblica amministrazione. Non in questa fase di difficoltà, almeno». Secondo Tomat, neppure l'altro «appiglio» chiamato in causa da Buttiglione. le fondazioni, possono continuare a sostenere investimenti a pioggia nella cultura. «Anche loro - dichiara - dovranno ridurre le spese nel settore». E, magari, mettere a frutto diversamente i capitali.
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