CAMPANIA: Visite all’opera dell’età di Augusto. Riapre anche il villaggio di Nola 09/10/2005 IlMattino
LA DOMENICA DEDICATA ALL’ARCHEOLOGIA Palma svela il passato: ecco l’acquedotto romano
PASQUALE IORIO Il nolano riscopre i suoi tesori archeologici. Al via stamani la giornata nazionale dell’archeologia ritrovata, l’importante manifestazione culturale mirata a valorizzare e tutelare i beni culturali minori che rischiano, per incuria ed abbandono, di essere cancellati dalla memoria storica degli uomini. A Palma Campania saranno visitabili i resti dell’acquedotto Augusteo rinvenuti nel 1988 durante i lavori di ampliamento della rete ferroviaria e che nel corso dell’anno non sono sempre fruibili. Oggi però, dalle 9 alle 18, esperti del Gruppo Archeologico «Terra di Palma» faranno da ciceroni nell’importante testimonianza storica del primo secolo a.C. che, per la sua imponenza (il suo intero sviluppo è di circa 92 km), può essere considerata l’opera più importante costruita dai Romani in Campania. Le visite guidate, realizzate in collaborazione con la soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta e con il Liceo Classico «Antonio Rosmini», hanno come obiettivo primario quello di mettere in risalto come gli interventi di valorizzazione e di tutela da parte del volontariato culturale aiutano a ritrovare e preservare le memorie storiche. La costruzione dell’acquedotto si collega alle opere portuali promosse da Augusto nell’area flegrea, perché assicurava l’approvvigionamento idrico della flotta romana ancorata nel porto di Miseno, e al tempo stesso riforniva d’acqua i centri che attraversava. La particolarità del sito di via Tirone si concentra essenzialmente sulla presenza di due condotti di epoche diverse: uno appartenente all’età di Augusto e l’altro di età Imperiale. Il Gruppo Archeologico «Terra di Palma», diretto da Ivan De Giulio, sempre per oggi, fino alle 19, ha anche organizzato visite guidate al museo archeologico di via Senatore Cocuzza a Nola. E, sempre nella città dei gigli, dalle 10 alle 13 sarà visitabile il «Villaggio preistorico» definito dagli esperti «la Pompei della preistoria». Lo straordinario sito dell’età del bronzo antico fu, infatti, seppellito dall’eruzione del Vesuvio, quella delle Pomici di Avellino, tra il 1860 e il 1680 a.C.. L’eccezionalità del ritrovamento di Nola, è dovuta al fatto che le capanne, seppellite dall’eruzione, si sono conservate attraverso il loro calco nel fango e nella cenere che le ha assorbite, chiudendo con un sigillo anche tutte le suppellettili che si trovavano nelle stesse al momento dell’evento disastroso. È stato così possibile, per la prima volta, capire quale fosse la forma di queste costruzioni, la disposizione ordinata dei tetti e la carpenteria usata per la realizzazione.E si è fatta luce sull’organizzazione che abitanti davano agli spazi nelle abitazioni per lo svolgimento delle attività quotidiane. Visitando il villaggio preistorico di Nola si avrà la possibilità d’osservare una fotografia di una laboriosa comunità preistorica cancellata dalla forza distruttrice del Vesuvio. A Striano, infine, il gruppo archeologico «Terramare 3000 Poggiomarino» per tutta la mattinata effettuerà una ricognizione sulle sponde del Sarno, dove in passato ci sono stati ritrovamenti fortuiti di materiale protostorico. I volontari scruteranno lo specchio d'acqua tra Striano e San Marzano sul Sarno.
|