Ici, esenzioni valide per tutti i culti (ma con le Intese) Mimmo Muolo AVVENIRE, ONLINE,
LA NORMATIVA La legge del 1992 stabilisce l’esonero fiscale per alcuni beni immobili della Chiesa cattolica Non ricadono in queste categorie i locali affittati a esercizi commerciali o gli appartamenti dati in locazione a terzi Inoltre nessun ammanco per le casse dei Comuni, dato che su questi beni l’Ici non è stata mai pagata
Non c'è alcuna discriminazione verso le altre confessioni religiose, dal momento che la legge in questione vale anche per quelle confessioni che hanno sottoscritto un patto con lo Stato
Da Roma
Secondo un adagio latino, «ripetere le cose giova». Ma a leggere i quotidiani di questi giorni si ha l'impressione che in realtà non serva a niente. Da almeno una settimana, infatti, Avvenire va ripetendo, legge alla mano, che l'esenzione dal pagamento dell'Ici non riguarda solo alcuni beni degli enti ecclesiastici, ma gli immobili di una categoria di organismi che è ben più ampia (si pensi che, secondo i dati del ministero dell'Economia, gli enti ecclesiastici rappresentano solo il 4 per cento dell'intero gruppo); che non c'è alcuna discriminazione verso le altre confessioni religiose, dal momento che le esenzioni valgono anche per loro; e che non ci sarà alcun ammanco per le casse dei Comuni, dato che su questi beni l'Ici non è stata mai pagata. Ma non c'è verso che queste informazioni vengano recepite. Ancora ieri il Corriere della Sera a pagina 5 scriveva: «La Chiesa l'Ici non l'ha mai pagata. La legge che ha introdotto l'imposta prevedeva l'esenzione per tutti gli immobili della Chiesa cattolica». Falso. La legge del 1992 stabilisce l'esenzione solo per alcune categorie di beni della Chiesa cattolica (non sono esenti, ad esempio, i locali affittati a esercizi commerciali o gli appartamenti dati in locazione a terzi: per questi beni l'Ici è stata sempre pagata). Allora quali sono le esenzioni? Non sono soggetti all'imposta gli immobili degli enti pubblici (ad esempio le scuole pubbliche), i musei, le biblioteche, gli archivi, gli edifici di culto della Chiesa cattolica e di tutte le confessioni religiose che hanno stipulato un'intesa con lo Stato. Non devono pagare l'Ici anche gli immobili utilizzati da enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative, culturali, sportive e ricettive. Anche per quest'ultima categoria si prescinde dall'appartenenza confessionale. I due unici requisiti richiesti sono la natura di ente non commerciale e lo svolgimento di una delle attività indicate. Ciò significa che la scuola o l'ospedale, da qualunque ente non profit venga promosso, non paga l'Ici. Verrebbe allora da chiedere agli esponenti valdesi, evangelici, ebraici e buddisti che hanno parlato di «profili di incostituzionalità» e di «grave disparità di trattamento» rispetto alla Chiesa cattolica, dove vedono questi elementi. Forse sarebbe meglio informarsi prima di parlare. Magari andando a rileggere quanto stabilito da una legge del 1992 pacificamente applicata fino ad una sentenza emanata dalla Cassazione lo scorso anno. La Corte, infatti, nel decidere un caso sottoposto al suo giudizio, ha aggiunto un terzo elemento ai due requisiti previsti per ottenere l'esenzione. E cioè che l'attività svolta nell'immobile sia «oggettivamente non commerciale», restringendo in pratica l'area di esenzione ai soli beni ecclesiastici in cui si svolgono attività legate all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all'educazione cristiana. È chiaro, infatti, che anche attività svolte da enti non commerciali possono avere profili commerciali. Come si fa, ad esempio, a gestire una scuola o un ospedale senza porre in essere attività commerciali? Di qui la necessità di un intervento interpretativo che ponesse fine al conflitto instauratosi tra la legge del 1992 e la sentenza della Cassazione. Intervento sollecitato al legislatore - come raccontiamo a parte - da un Comune e da alcuni istituti religiosi. Questo intervento è rappresentato dall'articolo 6 del decreto legge approvato mercoledì scorso dal Senato e che ora passerà alla Camera. L'articolo 6 stabilisce semplicemente che anche gli immobili utilizzati dagli enti ecclesiastici per attività di assistenza e beneficenza, istruzione educazione e cultura, pur svolte in forma commerciale, sono esenti dall'Ici. Esattamente come è sempre avvenuto fino ad ora. Nel decreto si parla dei soli enti ecclesiastici perché solo questo era il punto messo in discussione dalla Cassazione. Non certo per discriminare altri soggetti, per i quali vige la legge del 1992. Naturalmente con le relative esenzioni.
08/10/2005
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